lunedì 10 settembre 2012

PASSION (OF CHI?) - BRIAN DePANZA E LA NON-ARTE DI RICICLARE

Prima impressione: DePalma cammina male, incerto, quasi zoppica. Il suo film non procede meglio. La prima, in sé, non è una colpa, chiaramente (piuttoto forse conseguenza di un tremendo ingrassamento – peraltro, non ben celato dal guardaroba). La seconda direi che lo sia, e meriti d'essere denunciata.

Senza troppo dilungarci (mento, sia chiaro), mettiamola così: ci son due donne in carriera, circa colleghe ma una sottoposta dell'altra. Lavorano assieme ad alto livello in una multinazionale di marketing, sede europea (forse), e progettano pubblicità di telefonini fichi. Che poi forse c'è pure della tensione sexy, ma anche no, è tutto un gioco di quella cattiva, quell'altra buonina e timida scappa persino via quando arriva il moroso della prima. E quella, la prima, che poi è la capa, si frega le idee dell'altra che le condivide in buona volontà e con passione da lavoratrice indefessa (dev'essere tedesca, giusto? Ma anche no, dato che a domanda “da dove vieni?” non risponde: mah). Si frega le idee, proprio, la stronza. Solo che l'altra, la buona, la sottoposta onesta, nel frattempo si scopa il fidanzato della capa in trasferta a Londra, con tanto di filmino con lo smartfono – e allora, come la mettiamo? La mettiamo in un'escalation di tensioni, ripicche, tentativi di avvicinamento e seduzione. E nel mezzo il moroso (un barbudo forse tedesco, tale Dirk, però con accento a tratti oxfordiano – con fedina penale non proprio immacolata e tendenza ragguardevole all'alcolismo) e la segretaria della seconda, cioé la sottoposta, cioé la buona – forse. Che è iperefficiente e lavoratrice e fedele e scopre gli inghippi della capa (o del moroso? Che poi sarebbe l'amante della seconda, o forse era tutto un complotto della prima?) coi soldi, e scopre i lavori fatti male dai colleghi di Niuiòrk, e convince la sua, di capa (cioé la sottoposta, la seconda) a fare una cosa un po' scorretta ma tanto, già che l'aveva presa nel didietro prima, oramai è legittimata. Anche secondo voi seduti in platea (e non esattamente annoiati, a questo punto, però perplessi un po' lo siete), sì, è legittimata a restituire la porcata. Ma non tutti son d'accordo, anzi non tutte, anzi la capa s'incazza (beh, pure lei ci ha i suoi motivi, a ben vedere) e medita anzi agisce vendetta – ed in fretta. In troppa fretta? Mah. Pare che riesca, pare anche troppo a dire il vero. Nel senso che dopo un'ora banalotta ma non poi orribile (con qualche inquadratura buona e qualche bel movimento di macchina – eggrazie, direte voi; epprego, diciamo noi) sembra di stare su dei binari tremendamente convenzionali; poi, forzato, arriva il cambiamento, lo spiazzamento: per un quarto d'ora (forse più) ci si trova a vedere tutto buio ed inquadrato in modo sbilenco, una realtà filtrata dalla luce delle tapparelle, dagli incubi, insomma un prontuario di trucchi da B-movie per far precipitare la protagonista nella paranoia, nell'allucinazione, nel delirio.
Dunque ha vinto quell'altra, la “nostra” è sbarellata, è impillolata, è destinata alla sconfitta? Pare di sì, anche se poi si suggerisce l'indizio contrario (più o meno con la raffinatezza e la comunicazione indiretta con cui in tangenziale ti dicono “amore, vuoi fare sesso?”), e poi ancora si ritorna allo split screen (caro vecchio amico, quanto tempo! dove sei stato?) per dare gli alibi e incasinare le prospettive e farvi vedere una bella donna seminuda (che non fa mai male) e poi sgozzata (ahi!) e soprattutto per costringervi a 5 minuti di balletto in primo piano, che non ci andate mai, ignorantoni! Si sveglia la sopravvissuta in crisi di sudore (tantissimo, madonna quanto traspira questa) e respirazione e panico, ed ancora non ha visto il meglio della giornata: è mezzogiorno e ha gli sbirri (tedeschi, poi) alla porta che la vogliono portare al gabbio nientemeno che per l'omicidio dell'amica. Hai detto niente. Solo che lei, l'arrestata, è sballata parecchio, e non ce la fa a rispondere, a razionalizzare, a dire il vero nemmanco a tenere dritto lo sguardo (e la telecamera fa venire il mal di male pure a noi: adesso smettiamola, Brian, grazie). E finisce per confessare, perché “devo averlo fatto io” (devo?), e va in galera, perché sì (mica ve lo devo spiegare) – ed intanto le inquadrature sono diagonalissime, e l'illuminazione scarseggia - epperò i conti non tornano bene, e la giustizia in Germania è una cosa seria (altro che da noi), e gli investigatori investigano, gli ispettori ispettorano, le amiche cercano di salvarla (ok, l'amica, una sola). E ci riescono, e va tutto bene, e pare sia finita e forse sapete chi è stato o forse no. Varrebbe la pena chiuderla qui e dire che non si è fatto 'sto granché, ma almeno per oggi non ci tirano i pomidoro. Epperò Brian ha ambizioni della stessa taglia della propria epa, ed insiste, vuole aggiungere altri 10, 15 minuti: atti a sbrogliare tutto, a svelare l'inganno, a mostrartelo pure filmato tramite smartfono (eddaje) e poi uploadato su altro fonino a poco prezzo, usa e getta, sinistramente simile ad un Nokia per dirla tutta. E svelato appunto l'inganno si sfalda la cosa, ma proprio del tutto, ma proprio male: perché chi lo svela ha coperto il culo a chi l'aveva intessuto, ed in cambio ne vuole amore amore bello amore passion-ale – e fosse tutto qui – però mica ci son solo loro, c'è l'altro incomodo, che ne va di mezzo e mi sa pure al gabbio per la vita (cazzi suoi, a guidare ubriachi si finisce male, campagna pubblicità progresso pagata dal ministero). E ci sarebbe la gemella dell'uccisa – ma non era una balla raccontata per ispirare pietà, com-passion-e e debolezza? Forse, boh. E poi c'è l'ispettore sfigato (e mica tanto sveglio, se posso dire, rispettosamente) che ha un debole per la non-colpevole che poi è colpevole (lo è? Dice di sì), e la vuole andare a trovare di notte a casa sua con due dozzine di rose rosse (mai sentito parlare di stalking, ispettore?). E allora patatrac!, la cattiva (ma è cattiva? Cioé, era cattiva? O è/era buona? Vai a sapere!) vede l'occasione, anzi la sente, la sente squillante come non mai – e prova a fare il duplice colpaccio. Finisce per strangolare l'amante, mentre la gemella della vittima l'attende alla porta per strangolare lei, e l'ispettore (che nel frattempo ha lasciato le rose sull'uscio, però con un biglietto nel caso si volesse sapere chi denunciare) riceve il filmato compromettente. Insomma tutte morte, tutte colpevoli. O forse era un sogno, ma qualcuna è morta lo stesso.

Viene propagandato un thriller erotico con protagoniste due belle e brave attrici, canonicamente accoppiate come bionda (McAdams) e mora (Rapace) – Antonio Ricci ha fatto scuola. Di erotico c'è assai poco (il nudo ed i gemiti son quasi tutti già nel trailer, per dire), nonostante l'impegno profuso da Rachel nel farsi credere una spietata cagna da mondo degli affari – riuscita parziale. La performance di Noomi va meglio, non fosse che il personaggio è proprio poco credibile.
Vi sto annoiando per bene? Ottimo. Il film, infatti, non tratta meglio i suoi spettatori. Ma, a dire il vero, per un'oretta ero pure incline ad una scarsa sufficienza, non priva di simpatia per un regista dal grande passato o di apprezzamento per la scelta delle interpreti. Perché pareva un Basic Instinct moscio (in tutti i sensi, sì), con meno coraggio e sesso esibito, con meno tensione – molta molta meno. La mezz'ora seguente fa venire il mal di mare per l'impatto visivo, e tanta nostalgia per gli anni '80 a causa della sceneggiatura e di alcune scelte stilistiche – almeno all'epoca erano novità. Gli ultimi 10 minuti sono indegni persino di certa televisione a basso budget. 5 minuti di applausi conclusivi in Sala Grande, tutti a dire sottovoce “che porcata”. Non te la prendere, Brian, la Passion-e se la fingi tu la possiamo fingere pure noi – a 50 euro al biglietto, poi, figurarsi.

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