martedì 2 giugno 2009

Battle for Terra (Battaglia per la Terra) - 3d

C'è un film di cui non ho mai sentito parlare (minimamente, giuro), c'è una settimana alle spalle con circa 3 ore di sonno per notte, c'è un amico che – amante dei pupazzetti e profeta del treddì – propone serata al cinema, c'è un multisala attrezzato con le più nuove e spettacolari tecnologie, ed un localaccio attiguo ove rimpinzarsi di hamburger e patate fritte. Gli ingredienti son tutti lì, basta mescolare e servire. Il risultato è stato, decisamente, straniante. Provo a renderne conto, per quanto possibile.

Battle for Terra viene (brillantemente, come sempre) tradotto e distribuito in italiano come Battaglia per la Terra. Valà, pensavo che in inglese si dicesse Earth, non si finisce mai di imparare. Entro in sala avvolto nell'ignoranza più totale riguardo al prodotto che mi accingo a sperimentare. Entriamo in sala e non c'è la maschera a fornire i preziosissimi occhialini per la visione tridimensionale (cominciamo benissimo), ci si siede e lo scarso pubblico è di quelli indecifrabili, che non consentono di prevedere che tipo di film si sia finiti ad affrontare. Passano i soliti trailer 3d, ed inizia lo show. Sconvolgente.

Su un pianeta che non è il nostro (mmm) il lungometraggio si apre con una scena bucolica – se accettate di applicare la definizione ad una specie di tapiro con le ali che svolazza (funzione: insetto) da una all'altra di una serie di strutture vagamente simili ad anemoni con le ali (funzione: fiori), si suppone impollinandole. Il paesaggio, per dirla tutta, è discretamente desertico (e lisergico, pure), ma insomma pare di capire che sia un posto felice. Abitato, oltre che dagli insettazzi e dalle piante (mah) di cui sopra, da due o tre altre specie animali e vegetali. Gran bell'ecosistema, complimenti. Si viene a scoprire che ci sarebbe pure la fatidica specie intelligente, personificata nella fattispecie da una razza di strane bestie, sorta di incrocio tra Snorky e tavole da surf (la definizione non è mia, ma calza da dio) – che, indovinate?, pure sanno fluttuare. Loro, tirando delicati ma efficaci colpi di coda (a forma di surf, appunto) e galleggiando nell'aere. Hanno occhioni grandissimi (secondo me son tutti fatti come biglie, ma loro negano) e animo delicato. Vivono in pace con la natura. Guidano specie di mega aquiloni per spostarsi più velocemente – il che regala scene memorabili, come quella in cui due giovani virgulti di questa fetente razza svolazzano in compagnia di una sorta di balena dei cieli. Della quale, peraltro, siamo gratificati con diverse inquadrature; inclusa una dettagliata del suo complicatissimo sfintere. Wow.

In tutto ciò giunge sulla scena una gigantesca nave spaziale, che oscura il sole e getta in un immotivato timor panico gli inquilini dell'unica, minuscola, città del pianeta – gli incolti credono trattarsi di dei venuti dal cielo. Più prosaicamente, si tratta degli umani, emigrati dal nostro pianeta a seguito di guerra distruttrice in cerca di nuovo spazio vitale. E per niente disposti a negoziare. Poco furbi, però, dato che, invece di nuclearizzare o altrimenti spazzar via gli autoctoni, passano a volo radente con delle navicelle e li rapiscono uno per uno – allo scopo, pare, di capire come inalino un'atmosfera per noi particolarmente irrespirabile. Nell'espletare la suddetta nobile missione uno degli eroici piloti si schianta malamente. Viene salvato dalla virgulta della razza aliena (che lui, con commovente gentilezza, apostrofa ripetutamente “mostro”), interessata non tanto alla di lui manzitudine (particolarmente sexy le orecchie a sventola del nostro) ma a convincerlo a salvare il proprio padre, prigioniero nell'ultimo raid umano. A rimorchio del fessacchiotto sta un robottino insettiforme e saccente (ma, in fondo in fondo, molto buono). Nasce rispetto, amicizia, fiducia e cazzi varii. Lui torna a casa, i.e. sull'astronave madre, con la compagnia di lei (che, peraltro, è dotata di innato genio meccanico, nonostante appartenga ad una razza volontariamente arretrata – pianeta che vai, usanze che trovi). Si scopre che il pacificissimo popolo di scarrafoni malcresciuti un tempo era guerriero come e più di noi, prima di ravvedersi. Che istruttivo. Incidentalmente, sono più che pronti, gli imenotteri sproporzionati, a riprendere in mano le armi onde cacciarci – giustissimamente – a calci in culo. Sul fronte umano, un generale fascistoide ed ingrifato dalla conquista sferra l'attacco finale, desioso di impiantare un gigantesco siringone sul pianeta e renderne così l'atmosfera degnamente ossigenata – garantendoci la vittoria per asfissia dell'avversario. Peccato che l'eroico pilota sia ormai conquistato dalla bella ed intelligente mostriciattola, e si vada a schiantare contro l'ultima speranza della nostra razza onde salvare gli indigeni. Il porco traditore. Ma, come sempre c'è un ma.

La giovine creaturina ha appreso la lezione e l'insegna a destra e a manca: meglio convivere in pace che massacrarsi a vicenda. Rifiutandosi, quindi, di lordare di sangue le mani di tutti, propone soluzione di compromesso. Costruiamo un enorme tendone che, per virtù del tutto inesplicabili al sottoscritto recensore, riuscirà a trattenere sotto apposita cupola ossigeno in quantità sufficienti a garantire il prosperare degli umani. Prosperare, oddio, sembrano sorci in gabbia o uccelletti in voliera, ma tanto si può avere e di tanto si accontentano.

I dettagli mi sfuggono, stante che ho vagato tra sonno e veglia per metà visione – del resto, risultava piuttosto difficile accorgersi di essere al cinema di fronte alla messe di improbabili baggianate che scorrevano sullo schermo. Il pensiero che si trattasse di digestione pesante e conseguenti vaneggi privati addolciva il tutto. Ma fatemi pensare, dimentico forse qualcosa?

Ah, si. Terra è il nome che i nostri, lontani millanta anni luce dal sistema solare, han dato (loro che parlano inglese, of course), al pianeta che volevano parassitare. Quello degli Snorky, si. Bella la traduzione. Peccato il film.

LA SCHEDA

Battle for Terra - 3d

In una frase: "i disegni son fatti anche bene, ma queste bestie non si possono guardare".
Sconsigliatissimo: a chi ama i buoni lavori in CG: Pixar, Dreamworks, etc. O i cartoni tradizionali stile Disney. O quelli giapponesi. Insomma, avete capito. Gli altri, che ve lo dico a fare?
Giudizio: KKKK (non vorrei eccedere, mi son perso qualcosa dormendo)

S. Valentino di sangue - 3d

Dapprincipio: Harmony, ridente cittadina della provincia americana. Ridente, ridente un Kaiser: è posto squallido, vuoto, privo di motivi ed interessi, che gira tutto attorno ad una miniera, un supermercato ed un motel da pochi soldi ove infrattarsi con locali battone (più o meno professioniste) – tutti tòpoi classici dell'horror, che verranno male impiegati in seguito. In compenso la città (si, insomma, più o meno) è abitata da un monotono sottobosco di fessi, cornuti e psicopatici (difficile, in onestà, dire quali delle tre categorie prevalga, demograficamente).

In tale idilliaco scenario si innesca la tragedia: un giovane bighellone (magistralmente malinterpretato da tale Jensen Ackles), in qualità di figlio del padrone della baracca, viene inopinatamente messo a lavorare in una miniera. A seguito della sua assolutamente totale dabbenaggine, un gruppo di sei minatori rimane coinvolto in un'esplosione (causale: gas) e sepolto sotto il crollo. Ne verranno estratti ma, sfortunatamente, delle sei vittime del disastro 5 hanno ricevuto altrettante amorevoli picconate al cranio dal sesto uomo, l'amabile Harry Warden – il quale si è così riservato l'ossigeno rimasto, fino a poterne uscire vivo, sebbene in coma.
Un anno dopo il buon Harry si sveglia, in ospedale, e non ha per niente dimenticato o metabolizzato bene la faccenda: anzi, massacra allegramente (a mani nude? Oppure gli avevano, cortesemente, lasciato il piccone tra gli oggetti personali? Mah) personale ospedaliero assortito, lasciando agli attoniti poliziotti un pout-pourri di corpi smembrati (letteralmente: torso da una parte, gambe dall'altra, voilà), casse toraciche squarciate, cuori estratti, delicatessen varie insomma.

Tale ardore non viene senza scopo, chiaramente: il fiero picconatore vuole imbucarsi ad una festa con tutta la peggio gioventù locale, tenuta sagacemente nella miniera di cui sopra (creatività dei teenager indigeni) onde vendicarsi del maldestro giovane responsabile dell'incidente (a nome Tom, so che morivate dalla voglia di saperlo) etc etc. En passant, squarta variamente tutti coloro che incontra, forzando un ricambio generazionale non previsto. Sventuratamente per Harry – e per voi, che vi sareste risparmiati ben oltre un'ora di film – alcuni imberbi oppongono resistenza, rallentando il massacro fino all'arrivo della polizia. I quali poliziotti inseguono il mascheratissimo (sembra un Darth Vader ante litteram, soprattutto per il respiro appena appena pesante che lo precede in ogni dove) killer su & giù per la miniera, lo smitragliano di pallottole, infine riemergono vittoriosi. Pare.

Dieci anni dopo, veniamo riportati ad Harmony e, sorpresa! Non è cambiato un cazzo! Il posto è sempre immerso nell'identica, spessissima coltre di inutile squallore. Solo Tom se ne è andato, avendo perso un po' di serenità col massacro di San Valentino. Ritorna, il furbone, al fine di svendere la miniera paterna (chissà come mai, poi, con tanti bei ricordi che ci aveva). Viene accolto, a seconda dei casi, come colui che porta la morte (tutti convinti che Harry Warden sia defunto ma ritorni prestamente ad inseguire l'ex giovane, ancora e sempre maldestro), o come colui che si vuole riscopare la ex fiancè, ora moglie dello sceriffo. Insomma, un benvenuto carico di affetto. Ciononostante si ferma (a scopo sessuale, è ovvio), ed effettivamente i massacri a picconate riprendono. Con essi ha inizio la ridda di ipotesi su chi sia il malvagissimo responsabile. Dapprima gli scommettitori si concentrano su Harry Warden. Si, quello ucciso dieci anni prima. Onde far crollare le quote un manipolo di vecchiacci (ex capo della polizia, ex dirigente della miniera, etc) conduce i giovani protagonisti sul luogo ove diedero (i vegliardi), con le proprie manine, sepoltura al fu picconatore principe di Harmony. Peccato che la fossa sia vuota. In compenso, veniamo a sapere che era stato sepolto con maschera e piccone. Un tocco di classe, il rispetto per i defunti (ammesso che lo fosse). Si sprecano le scene ridicole, ed il 3d viene sistematicamente impiegato in effetti a dir poco scolastici. La gente viene bucherellata con modalità ripetitive (grossa preferenza per cranio e cassa toracica), l'affannoso respiro del misteriosissimo killer (alitosi? Sospettiamo di si) lo annunzia sempre e ovunque con debito anticipo. Fortunatamente ha anche letto la grammatica minimale degli horror movies, quindi si palesa comunque e solo quando ce lo si aspetta. Mamma, che paura! La trama, in compenso, si rifiuta di dipanarsi, rimanendo incollata in eterno allo stesso, stantio, punto.

Giunge il finale, e qualche pietoso tentativo di sviarvi non vi ha certo impedito di mantenere salda la convinzione che dietro la mascherona (e l'asma) dell'assassino si celi una certa persona – ci avete messo circa 9 secondi a capirlo, e non vi sbagliavate. In compenso gli abitanti sono tutti di comprendonio durissimo, e non ci arrivano finché non si trovano un piccone piantato in qualche organo più o meno vitale. Selezione naturale, vien da pensare. Qualcuno si salva per culo smodato, o per meriti non propri. Il culmine si ha, somma sorpresa, nella miniera (l'avessero chiusa, gli stolti). Dalla quale usciranno una coppia (canonica, uomo & donna, niente di innovativo, non ci sperate) di sopravvissuti moderatamente eroi. E, come si conviene, il killer stesso. Domanda: ma davvero in America poliziotti, pompieri, soldati non si accorgono se uno dei loro si allontana dal luogo della tragedia con una maschera che gli cela il volto, barcollando e grondando sangue? Sarà l'addestramento speciale...

Una considerazione estetica, in chiusura: la prossima volta che fate un horror 3d, per il canonico ruolo di vittima-donna-nuda, scegliete una con due tette più esuberanti. Sennò l'effettone della tridimensionalità mi rimane mortificato. Grazie.

LA SCHEDA

S. Valentino di sangue - 3d

In una frase: "era meglio IlMaiNato" - che è tutto dire. In alternativa: "Dai, è lui, chiaramente". Poi, dopo un'ora e poco più: "Te lo avevo detto che era lui".
Sconsigliatissimo: a chi desiderasse andare a vedere un film con degli effetti, e non solo effetti senza film. E a chi si trovasse a disagio con budella in costante bella mostra (delicatini!).
Giudizio: KKKk (per me 'ste due monnezze pari sono)

S. Valentino di sangue - 3d

Forse verrà un momento, in futuro, in cui ci volteremo indietro e ricorderemo l’avvento della terza dimensione al cinema. Come accadde per il sonoro, e il colore. Di certo, ora come ora, siamo in piena fase “nickelodeon”: spettacoli da un soldo messi insieme al solo scopo di sorprendere il pubblico, come e ancor più del famoso treno che bucava lo schermo un secolo fa.
È fatale che, essendosi nel frattempo definiti i generi, il compito debba toccare a due tipologie di opere: gli horror e i cartoni animati, da sempre votati all’estremizzazione delle situazioni. Purtroppo, ciò avviene anche a scapito di regia e sceneggiatura, come nel caso di “My bloody Valentine 3d”. Perché non di film si tratta, bensì di semplice tunnel dell’orrore da luna park di provincia, con tanto di scenario minerario e vagoni (anche se, va detto, il villain di turno è un salutista, e deambula che è un piacere).
Già dalla sigla iniziale apprendiamo che nella cittadina di Harmony (non ci soffermiamo sulla sublime ironia del nome) il minatore Tom Hanniger, per tragica distrazione, ha causato un incidente in un tunnel della miniera. Muoiono tutti i suoi compagni di lavoro tranne uno, Harry Warden, il quale, rimasto in coma per un anno, si risveglia e non trova di meglio da fare che ridurre a spezzatino il personale dell’ospedale (come non è dato sapere, non esistendo mazze ferrate nelle camere dei pazienti), prima di darsela a gambe.
La vicenda (ri)comincia appunto da una festa di S.Valentino, che un gruppo di ragazzi, tra cui lo stesso Hanniger, decide – con ammirevole intuito – di ambientare nella miniera.
Ovviamente, Warden si ripresenta dilaniando corpi per la gioia del 3d, in modo tanto smaccato quanto ridicolo. Anzi, al termine della nuova mattanza, viene pure sforacchiato dai colpi di pistola degli agenti accorsi sul posto. Ma non ucciso, ci mancherebbe.
Hanniger, d'altra parte, è sopravvissuto alla strage e, leggerissimamente scosso dagli eventi, decide di andarsene. Tornerà ad Harmony solo dieci anni dopo, per rivendere la fortunata miniera che era del padre.
Accolto in città con lo stesso calore che si riservava a una strega durante l’Inquisizione (la comunità tiene assai al luogo dell'eccidio), dovrà fronteggiare il marito sceriffo della sua ragazza di allora, nonché un’improvvisa recrudescenza di delitti, perpetrati secondo le modalità predilette dal killer picconatore (ossia squartamenti, dissezioni, massacri).
È ancora Warden? I vecchi del paese giurano di averlo ammazzato, ma nella fossa scavatagli per l’occasione non è rimasto nulla. Dunque, partono le appassionanti ipotesi sull’autore delle gesta (in città sospettano, più che altro per antipatia, che si tratti di Hanniger).
Da illusi, confidavamo in un finale pseudo-logico. Invece, come non bastasse, gli illuminati sceneggiatori (?) utilizzano, una volta di più, il doping del personaggio impazzito. Che fra l’altro, ci viene detto, scamperà all’ennesimo tentativo di cattura, travestendosi da poliziotto e allontanandosi inosservato (nonostante l’andatura caracollante, tipica di chi ha ricevuto una scarica di mitra addosso). Una fortuna.
A chiusura, qualche nota: il film, effettivamente, gronda sugo da ogni poro. Si ha spesso la sensazione, anzi, che i personaggi siano fatti di polistirolo, vista la facilità con cui vengono segati i busti, bucati i crani, slogate le mandibole. Come trucco, niente da dire. Come estetica, è quella tipica degli orrori seriali, con qualche incursione nel sadico e vari tuffi nel trash (memorabile, in questo senso, la sequenza dell’albergo, che assomma tutti i luoghi tipici del genere: nudità esposte, nanismo preso in giro, animali sbriciolati). Quanto alle tre dimensioni, il bilancio è scarno: degli oggetti che ci sono virtualmente arrivati addosso, abbiamo scansato una pistola, e guardato con malinconia un bulbo oculare divelto. I colpi di piccone, invece, ci hanno mancato tutti, ma forse è per via della sonnolenza.
LA SCHEDA
S. Valentino di Sangue - 3d

In una frase: "non avevo capito che fosse sua la miniera"
Sconsigliatissimo:
a chiunque ami gli horror (è indicibilmente noioso), le tre dimensioni (sono sprecate) e la festa di S. Valentino (mettete dei fiori nei vostri picconi).
Giudizio:
KKKK

IL MAI NATO

Dopo gestazione indicibilmente lunga, eccomi infine qui (spinto da sensi di colpa, insistenze di Egon, fancazzismo endemico, odio insanabile nei confronti degli horror che ci propinano oggidì) a partorire la recensione dell'ennesimo film di infima qualità che ci sciroppammo per risparmiare il tormento a voi, fedeli aficionados. Avvertenza: ho esaurito la verve umoristica con i sagacissimi riferimenti alla maternità corsivettati nella prima frase – il caldo, si sa, mi rende financo meno ilare del solito. Di conseguenza, da qui in avanti avrete una fredda cronaca dell'esperienza cinematografica costituita dal vedersi l'horror cul (la “t” sarebbe non solo superflua ma sviante, vedasi sotto) dal titolo, come avrete indovinato, Il mai nato.

In compagnia, dunque, del collega - assai più ammaliato di me dal genere – e soprattutto intossicato di puramente cinefilica attrazione alla vista del promettente poster (ove campeggiavano prorompenti e sodissimi i glutei della bonazza protagonista, e solo a margine – giustamente – compariva il pestifero Jumby, quello che vuole nascere, ora etc etc) – ingrifato, insomma, come si conviene, e munito di abbondante sfiducia, mi reco in sala. Segue un'ora e mezza scarsa in cui la vicenda si dipana sullo schermo senza un sussulto che sia uno - suggerimento ai produttori di horror: quando volete far saltare il pubblico sulla sedia NON avvisate sistematicamente con musichetta e inquadratura standard che sta per comparire il mostro cattivo a fare “bu!”. Sennò poi la gente se lo aspetta. E' il 21mo secolo, siamo tutti scafati, blablabla. Il succo della vicenda (invero, assai poco) si può riassumere in quanto segue:

  • il solito manipolo di produttori senza straccio di qualità si riunisce in sessione plenaria e, dopo – verosimilmente – 120 ore di intensissimo brainstorming, propone la fatidica genialata: facciamo un horror. Wow. Ma, attenzione!, vi è la novità. Il tema: bimbi non nati, bimbi che non si vorrebbero far nascere. In sostanza, il primo horror abortista a memoria d'uomo. Brivido, progressismo, benvenuti nell'era-Obama;
  • la protagonista (bonazza opportunamente sventolata al pubblico) è giovane e ingenua, e si vede catapultata in un mondo d'incubo allorquando diverse inquietanti visioni le si affacciano mentre fa jogging: particolarmente spaventosi un botolo grasso con faccia da uomo ed il figlio dei vicini che la squadra arrapato;
  • segue epifania del Mainato eponimo, che manifesta singolare gusto nell'apparire (“bu!”, sistematico) di preferenza dallo specchio del bagno, quando la ragazza si rimira poco vestita la sera – bravo!, bis!;
  • indagando sull'apparentemente tranquillo passato della famiglia, la ragazza improvvisamente rimembra che la madre è morta in manicomio, devastata dalla follia, la nonna non si è mai saputo chi fosse, ci sono diverse cose che non quadrano (un fratello? avevo un fratello gemello che non è mai nato? Ma dai?): il padre, in compenso, se ne sbatte altissimamente, giustamente preso dal lavoro (un po' di etica, perdio!);
  • si svela che la nonna è viva e vegeta, ancorchè vagamente turbata da avvenimenti passati: era stata in campo di concentramento (ah! Ecco l'altro ingrediente nuovo! Horror a tema shoah!), ove il dr. Mengele (voilà, sempre più originale), sperimentando allegro, le aveva accoppato il fratello gemello (daje...), aprendo così la porta alla incarnazione di un demone tipico (così pare) dell'immaginario ebraico – il dybbuk;
  • il quale dybbuk, pervicace fino alla nausea, perseguita da allora la stessa famiglia per generazioni, in cerca di altro veicolo tramite il quale infilarsi nel mondo dei vivi – si può, pare, impadronire di chiunque gli venga a tiro, ma solo pro tempore, ed invece vorrebbe tanto possedere a tempo indeterminato qualcuno (occorre che sia uno di due gemelli, mah), e fatidicamente sceglie la nostra eroina (bravo, di nuovo!) - cui in dono porterebbe un caratteraccio, ma anche degli splendenti occhi azzurrissimi (il sempre valido Mengele aveva ottenuto lo scopo, infine, di arianizzare l'ascendente ebreo);
  • entra in scena l'ottimo Gary Oldman, nella parte di un rabbino progressista e svogliatissimo, che dapprima rifiuta di aiutare la ragazza con un esorcismo cabbalistico (ecco, ecco la novità!), ma poi – perseguitato dai sensi di colpa e dalle visioni del fondoschiena di lei – ritratta la propria posizione, recluta l'indispensabile aiuto di un suo amico di colore allenatore di basket (giuro!) e una dozzina di altre insipienti comparse, e si accinge ad allontanare per sempre il dimonio;
  • la cosa, ovviamente, costa un succoso tributo di sangue e dolori assortiti, ma riesce. Non fosse che la giovine, in un finale che veramente riesce a non sorprendere come poche volte nella storia, scopre di essere incinta: indovinate? Gemelli! Si attendono sviluppi. Ma anche no.

Ce ne sarebbero altre da dire. Si tenta di rivitalizzare un soggetto defunto prima di nascere (già che siamo in tema) con millanta citazioni da classici del genere – ma ogni tentativo di serietà frana miseramente di fronte alla scena in cui un vecchio intronato e semiparalizzato (vicino di stanza della nonna segreta in casa di cura) si trova a zompettare allegro per i corridoi nottetempo, imitando scioltamente su per le scale l'andatura resa famosa ne L'Esorcista. La morale che se ne trae, inequivocabilmente, è che un po' di possessione fa miracoli per l'artrite reumatoide – e per diverse forme di demenza senile. Il resto del cast è composto da persone che si meritano chiaramente di finire ammazzate (vedasi canonica amica scema della protagonista, trucidata dal nanerottolo vicino di casa, che peraltro chiaramente è cattivo dentro, di suo, e la possessione in fondo è tutta una scusa) o che se ne fottono bellamente. Oldman è esemplare in tal senso – ma, se non altro, non vuole vendere il solito “abbi fede e ti salverai”. Che, tanto, non è vero. Lo sanno tutti.

Morale: gli ebrei, cattivoni, abortiscono e si beccano i propri demoni. Forse mi son sbagliato. Forse non è poi un horror così progressista.

PS: una preghiera che viene dal cuore. Basta citare Mengele a sproposito. Ormai è stato protagonista di più opere di fantasia del Conte Dracula e del Mostro di Frankenstein messi insieme. Sarebbe il caso di ricordarsi che non si tratta di un cattivo da fumetto - su, un piccolo sforzo.

LA SCHEDA

IL MAI NATO

In una frase: "era meglio IlMaiNato", in riferimento a SanValentinoDiSangue3D - non saprei, invero: qui avrebbero pure ambizioni elevate, il che è imperdonabile...
Sconsigliatissimo: a chiunque non si spaventi più per un "bu" annunciato. E non si accontenti di poche inquadrature del fondoschiena della protagonista. Almeno quello, abbondate!
Giudizio: KKKk