domenica 15 novembre 2009

Parnassus interruptus

È indelicato e crudele parlar male di un film mutilato, ma se di fronte alla morte del suo attore protagonista Terry Gilliam si è preso il rischio di concluderlo, anche noi, in questa rubrica di servizio, ci prendiamo quello di criticarlo. "Parnassus – l’uomo che voleva ingannare il diavolo" (altra occasione persa dalla traduzione italiana, che ha rovinato l’originale, ben più evocativo, "The Imaginarium of Doctor Parnassus"), benché sia già passato alla storia come l’ultimo film di Heath Ledger da vivo, ci è sembrato piuttosto il suo primo film da morto.
Ledger, per tutti, è l'angelo sacrificato, l'indimenticabile Joker, il James Dean di questi tempi così poco avvezzi alla mitologia. Inevitabile, quindi, che all’inizio dei titoli di coda della sua ultima fatica non si legga il nome del regista, ma l’epigrafe “un film di Heath Ledger e dei suoi amici”. Che per la cronaca sono, come noto, Jude Law, Colin Farrell e Johnny Depp. Divi che lo controfigurano al di là dello specchio, chi bene (Farrell), chi male (Law), chi rifacendo se stesso (Depp, ormai prigioniero della propria recitazione eccentrica). Di Gilliam, della sua immaginazione di cartapesta, drappi e carrucole resta solo lo scenario, sfortunatamente drogato dal computer, benché ancora capace di picchi espressivi (come la passeggiata sui frammenti di vetro della figlia di Parnassus, la Valentina di porcellana interpretata da Lily Cole).
Per conto nostro, ci saremmo accontentati di un’opera capace di dare seguito allo splendido inizio: un teatrino di strada (the Imaginarium appunto), allestito in un sobborgo londinese, dove il Dottor Parnassus (un Christopher Plummer consunto di cerone) invita le anime a trascendere la loro dimensione terrena, avventurandosi nella sua – e loro – fantasia. Ma da quando la comitiva trova Ledger, impiccato come un presagio sotto il Ponte dei Frati Neri, e scopre che è ancora in vita (o già morto), la storia non sa più se ruotare intorno a lui o al tema principale, ossia la battaglia del Doctor col Diavolo, invaghito della figlia e pronto a riprendersela, in adempimento di un antico patto faustiano. Mr. Nick, il nome di Gilliam per Lucifero, è ovviamente Tom Waits, che più che un demonio assomiglia terribilmente al cantante, accenno di baffetti compreso, almeno da quando si è messo a suonare cocci di bottiglia in abiti da zingaro.
Nessuno ci dirà che le sequenze della prima parte sono troppo lunghe (comprese le battute del petulante collega nano di Parnassus) perché bisognava garantire un girato con più Ledger possibile. Dopotutto, è il suo stesso personaggio ad essere irrisolto, nella provenienza e quindi nel destino, e, una volta moltiplicato nelle sembianze, nemmeno più ambiguo, ma semplicemente in frantumi, come tutto il resto. Perché crolla il teatro di Parnassus, crolla la speranza di vincere la risolutiva scommessa col Diavolo (chi conquista prima cinque anime ha salva quella di Valentina), crolla, in definitiva, anche l’obliqua, spesso spietata, carica grottesca di Gilliam, che annacqua tutto in una gradevole ma inutile sarabanda.
Alla fine, Ledger è morto da almeno un tempo, Law ha dispensato più sorrisi del dovuto, Waits tornerà a ballare da solo, e Plummer a guardare da lontano la figlia, strappata alla compagnia di giro ma non all’immaginazione del mondo, che le ha riservato, a quanto pare, una nuova esistenza. Perché – ed è questo che resta – il senso di un racconto (della vita) è nella sua stessa forza creativa e rigenerante. Ma se l’operazione, al cinema, può divertire, per noi rimasti in sala, alle prese con la riaccensione delle luci, è malinconico sapere che il tutto ha tratto spunto da un’interruzione: che il primattore si è levato il trucco, magari barcollando sbronzo nelle pause recitative (come fa Parnassus, annoiato dall’eternità), lasciandoci in cambio dei doppioni, insulsi e inservibili. E gettandoci addosso il peso dell'assenza, che sullo schermo è lieve come un turbinio di coriandoli.

LA SCHEDA

Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo

In una frase: “nulla è per sempre, neanche la morte”
Sconsigliatissimo: a chi è ancora legato alla vena corrosiva del Gilliam di "Brazil" e "Twelve Monkeys".
Giudizio: KK