Sidney Lumet ha, durante la propria lunga carriera, prodotto film memorabili (da La Parola ai Giurati a Quel Pomeriggio di un Giorno da Cani). Non vogliamo insistere qui sulla convenienza del ritirarsi all'apice del successo, della qualità del proprio lavoro. Tuttavia, a volte, risulta inevitabile chiedersi cosa abbia spinto un uomo tanto lodevole a non scegliere un buen retiro bensì ad infliggere a se stesso, alla propria carriera, infine pure a noi una tale ingiustizia. Trattasi di debiti? Debiti di gioco? Se la prontezza mentale del fu maestro è quella denunciata da quest'opera, consigliamo affettuosamente di non tentare alcunchè di più rischioso o frenetico di un Totip - già un tresette tra amici potrebbe avere esiti disastrosi.
Vorremmo tediarvi con la trama - e, statene certi, non sarebbe piacevole. Disgraziatamente la messa in scena è peggiore. E, inganno supremo, il primo tempo potrebbe lasciar qualche speranza residua. Ma il secondo vi macina inesorabilmente le gonadi, sfruttando tutte le più letali armi del caso: lentezza, macchinosità, pretenziosità. E ancora: mancanza di pathos, ripetitività, prevedibilità. Sentitevi liberi di proseguire l'elenco, a piacimento. Non commettete però l'errore di volerlo usare come sonnifero: fallisce anche in ciò, e vi rimarrà solo un carico di noia e di pesantezza sufficiente fino all'età pensionabile (Sidney, leggi tra le righe: è ora!).
Tanto per replicare ad ogni immaginabile motivo di interesse:
Se state ancora pensando che ne valga la pena perchè "è un film di Lumet" ascoltate dei fessi che di tal errore hanno pagato (non solo alla cassa) le conseguenze: non ne vale.
Onde sollazzarvi un poco (chè a noi questi ricordi ispirano tristezza, e noia, tanta noia...) vi raccontiamo brevemente (Sidney, di nuovo, capta il messaggio: brevemente) la vicenda:
due fratelli portano avanti le proprie vitacce come possono. Il maggiore (e grasso) ha un lavoro da grana, ma non abbastanza per le sue ambizioni, ergo maneggia denaro in modo illecito. Nel tempo libero, porta la moglie a Rio per ritrovar la voglia di scopar e si reca da una snobissima checca per bucherellarsi le vene, il ragazzaccio. Il minore è un perdente, in ogni senso - non ci chiedete di parlarne troppo. Basti sapere che si scopano la stessa donna, solo che uno (sovrappeso) la mantiene pure, mentre l'altro (spiantato) non potrebbe. I due, uniti dal bisogno di contante (per sesso & droga e sesso & debiti, rispettivamente), optano per la soluzione che tutti i figli amorevoli di questo mondo sceglierebbero: rapinare la gioielleria degli anziani genitori (per inciso, un plauso ai distributori italiani per la scelta del titolo - mai correre il rischio che il film ci sorprenda in qualche modo, sputtaniamo tutto subito!). Indovinate? Qualcosa va storto, e la vecchia madre ci lascia le penne. Di qui, un'escalation inesorabilmente lenta e prevedibile di fattacci, che l'autore ci propina in ordine cronologico sparso (ohhhh, che espediente! Tarantino salvaci tu!): minacce, estorsioni, morti ammazzati, rivelazioni tragiche. Il ciccione è un merda (il piano è suo, e poi si droga, e poi è grasso quindi come potrebbe esser un buono?), ma vien fuori che da piccolo l'han poco amato, ed allora sì che la psicologia si spreca. Quell'altro è un fallito, un piagnone, un perdente. Il padre è un maniaco giustizialista, ingrifato all'idea di vendicare costi quel che costi l'amata perduta. La madre, probabilmente l'unica decente della famiglia, è andata. Il resto dei personaggi è più piatto dello schermo sul quale, ahinoi, prendono vita (si fa per dire). Sangue ed incazzature il giusto. Servire freddo, trangugiare senza gustare - non ci sono alternative.
Vorremmo tediarvi con la trama - e, statene certi, non sarebbe piacevole. Disgraziatamente la messa in scena è peggiore. E, inganno supremo, il primo tempo potrebbe lasciar qualche speranza residua. Ma il secondo vi macina inesorabilmente le gonadi, sfruttando tutte le più letali armi del caso: lentezza, macchinosità, pretenziosità. E ancora: mancanza di pathos, ripetitività, prevedibilità. Sentitevi liberi di proseguire l'elenco, a piacimento. Non commettete però l'errore di volerlo usare come sonnifero: fallisce anche in ciò, e vi rimarrà solo un carico di noia e di pesantezza sufficiente fino all'età pensionabile (Sidney, leggi tra le righe: è ora!).
Tanto per replicare ad ogni immaginabile motivo di interesse:
- potreste voler apprezzare le doti attoriali di Seymour Hoffman, ma finirete piuttosto con l'ammirarne le cadenti carni (natiche in primis) in una scena di amplesso, e col domandarvi perchè abbia accettato una parte che, pur sulla carta (lì e soltanto lì) potenzialmente interessante, evidentemente lo mortifica nella pratica;
- potreste voler gustare la piacevolezza estetica e recitativa di Marisa Tomei, ma i nudi (lodevoli!) non bastano a dare un senso a due ore di sopportazione, e tutto sommato potete benissimo scaricarveli da internet - sulla parte tacciamo per eccesso di bontà;
- potreste voler rimirare il giovin (ancora? ma crescere, no?) Ethan Hawke, ma sinceramente il belloccio si aggira per il set perennemente con espressione un po' così, a mezz'asta (domanda: quante mosche ingurgita, costui, nella giornata media, girovagando con la bocca semiaperta in catatonica contemplazione del nulla?), ed il piagnucoloso personaggio ripugnerebbe anche la più veemente delle sue fan;
- potreste infine voler pagare un tributo ad Albert Finney, che ha in effetti la classe che ha, ma tra Allen, Burton e Lumet sta partecipando a tanti funerali di carriere altrui da far pensare che forse sarebbe l'ora tumulasse la propria.
Se state ancora pensando che ne valga la pena perchè "è un film di Lumet" ascoltate dei fessi che di tal errore hanno pagato (non solo alla cassa) le conseguenze: non ne vale.
Onde sollazzarvi un poco (chè a noi questi ricordi ispirano tristezza, e noia, tanta noia...) vi raccontiamo brevemente (Sidney, di nuovo, capta il messaggio: brevemente) la vicenda:
due fratelli portano avanti le proprie vitacce come possono. Il maggiore (e grasso) ha un lavoro da grana, ma non abbastanza per le sue ambizioni, ergo maneggia denaro in modo illecito. Nel tempo libero, porta la moglie a Rio per ritrovar la voglia di scopar e si reca da una snobissima checca per bucherellarsi le vene, il ragazzaccio. Il minore è un perdente, in ogni senso - non ci chiedete di parlarne troppo. Basti sapere che si scopano la stessa donna, solo che uno (sovrappeso) la mantiene pure, mentre l'altro (spiantato) non potrebbe. I due, uniti dal bisogno di contante (per sesso & droga e sesso & debiti, rispettivamente), optano per la soluzione che tutti i figli amorevoli di questo mondo sceglierebbero: rapinare la gioielleria degli anziani genitori (per inciso, un plauso ai distributori italiani per la scelta del titolo - mai correre il rischio che il film ci sorprenda in qualche modo, sputtaniamo tutto subito!). Indovinate? Qualcosa va storto, e la vecchia madre ci lascia le penne. Di qui, un'escalation inesorabilmente lenta e prevedibile di fattacci, che l'autore ci propina in ordine cronologico sparso (ohhhh, che espediente! Tarantino salvaci tu!): minacce, estorsioni, morti ammazzati, rivelazioni tragiche. Il ciccione è un merda (il piano è suo, e poi si droga, e poi è grasso quindi come potrebbe esser un buono?), ma vien fuori che da piccolo l'han poco amato, ed allora sì che la psicologia si spreca. Quell'altro è un fallito, un piagnone, un perdente. Il padre è un maniaco giustizialista, ingrifato all'idea di vendicare costi quel che costi l'amata perduta. La madre, probabilmente l'unica decente della famiglia, è andata. Il resto dei personaggi è più piatto dello schermo sul quale, ahinoi, prendono vita (si fa per dire). Sangue ed incazzature il giusto. Servire freddo, trangugiare senza gustare - non ci sono alternative.
LA SCHEDA
ONORA IL PADRE E LA MADRE
ONORA IL PADRE E LA MADRE
In una frase: "però, figa la Tomei" ovvero, per tutto il resto del film "si, ma che palle!"
Sconsigliatissimo: a chi amava Lumet e non vorrebbe smettere, a chi ammira uno qualsiasi dei protagonisti, a chi non ha troppi peccati da espiare - meglio i lavori sociali.
Giudizio: KKK (dovrebbe esser peggio, ma è troppo palloso anche per i Kevin)
Sconsigliatissimo: a chi amava Lumet e non vorrebbe smettere, a chi ammira uno qualsiasi dei protagonisti, a chi non ha troppi peccati da espiare - meglio i lavori sociali.
Giudizio: KKK (dovrebbe esser peggio, ma è troppo palloso anche per i Kevin)
3 commenti:
Domanda inquietante. Ma perchè Albert Finney sta a bocca aperta per tutta la durata del film?
Boh? Forse Hawke è contagioso?
Ragazzi 12 angry men! 12 angry men cazzo.
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