L’alibi è sempre lo stesso: “è identico al fumetto”. Come se la fedeltà all’originale (ammesso che possa realmente esistere) fosse di per sé un pregio, e assolvesse un film tratto da una graphic novel, cult o meno che sia, da ogni critica. Perché, parliamoci chiaro: non amiamo le vignette (salvo quelle di "Topolino", da piccoli) e non conosciamo la serie. Però andiamo al cinema, e ci aspettiamo di vedere un’opera che non si rivolga soltanto agli addetti ai lavori.
Sbagliamo, senz'altro. E nutriamo false speranze. Anche sul regista, Zack Snyder, che in “300” non ci era dispiaciuto, benché l’operazione fosse apparentemente analoga a questa. Ma ve lo diciamo subito: “Watchmen” si merita le nostre ire, per tutta una serie di ragioni.
Anzitutto, è troppo lungo. 2 ore e 43 minuti di immagini sono buone per un kolossal, non certo per un gioco a base di pupazzi. Poi, è sbilanciato. Preoccupato di illustrare le biografie di alcuni dei protagonisti (un manipolo di supereroi americani in piena era Nixon, prolungata al 1985 e spalancata su un conflitto nucleare con l’Unione Sovietica), perde spesso di vista la trama. Inoltre, è volgare: nella psicologia dei personaggi, tagliata con l’accetta, e nell’esposizione della violenza, efferata e gratuita.
Non bastasse, c’è pure un uso barbaro delle musiche: una compilation di capolavori sparsa come il peggior mangime per il pubblico. Passi per “The times they are a-changin’” della sigla iniziale (peraltro straniante, per un neofita della vicenda) o per l’inserto di “All along the watchtower”, ma ridurre “Hallelujah”, per di più nella versione di Cohen, a sfondo porno-soft la dice lunga sulla pochezza culturale dell’insieme.
A conti fatti, l’unico che s’interroga davvero sul male è Rorschach, antieroe che va in giro in trench, cappello e sudario maculato, che spogliato di costume si rivela un conservatore di ferro, dal ghigno irlandese poco rassicurante, ma una qual certa coerenza. E che non a caso, alla fine, si fa disintegrare, più per disperazione che per spirito sacrificale. Gli altri idoli, invece, sono una desolante sequela di banalità: su tutti il superuomo blu privo di iridi (Dottor Manhattan) risultato del solito, terribile, incidente in un centro di ricerche, che divenuto semidio si stanca delle umane sorti ritirandosi su Marte, con tanto di insopportabili solipsismi filosofici. Poi, sulla stessa linea, il Comico, una sorta di deriva vivente del sogno americano, che stupra e uccide con lo smile appuntato al petto (memorabile la scena in cui spara alla donna incinta di lui, rimproverando poi Manhattan di non averlo fermato), oltre a generare la nuova eroina Spettro di seta, concupita prima dal superuomo poi da Gufo Notturno, un Batman dei poveri con l’indole da contabile.
La storia non serve dettagliarla: i Watchmen, custodi mascherati dell’ordine americano e quindi mondiale (avevamo bisogno di un altro sfondo imperialista, grazie), vengono esautorati, perché scomodi, da un decreto di Nixon e ridotti all’anonimato. Uno di loro (Ozymandias), però, cova progetti di dominio universale, e comincia a liberarsi di nascosto degli ex colleghi prima di dare corso alla sua nuova, originalissima, idea: scatenare l’Apocalisse su New York, e incolpare il Manhattan di cui sopra, onde creare una concordia nel mondo tra le potenze nemiche contro di lui. Il progetto, almeno inizialmente, riesce, col beneplacito del capro espiatorio, che abbandona per sempre la Terra, e l’uccisione di Rorschach, che preferisce la propria morte alla rivelazione della verità. Sarà un suo diario postumo, finito nella redazione di un giornale, ad occuparsene.
Annotiamo a margine alcuni episodi che, benché forse importati dal fumetto, troviamo inesorabilmente ridicoli, tipo:
- Il Dottor Manhattan che atomizza tranquillamente dei Vietcong girando in sospensorio (nella vita privata, invece, la regia ci propina la versione “nature”. Come a dire: sterminare sì, ma discreti);
Sbagliamo, senz'altro. E nutriamo false speranze. Anche sul regista, Zack Snyder, che in “300” non ci era dispiaciuto, benché l’operazione fosse apparentemente analoga a questa. Ma ve lo diciamo subito: “Watchmen” si merita le nostre ire, per tutta una serie di ragioni.
Anzitutto, è troppo lungo. 2 ore e 43 minuti di immagini sono buone per un kolossal, non certo per un gioco a base di pupazzi. Poi, è sbilanciato. Preoccupato di illustrare le biografie di alcuni dei protagonisti (un manipolo di supereroi americani in piena era Nixon, prolungata al 1985 e spalancata su un conflitto nucleare con l’Unione Sovietica), perde spesso di vista la trama. Inoltre, è volgare: nella psicologia dei personaggi, tagliata con l’accetta, e nell’esposizione della violenza, efferata e gratuita.
Non bastasse, c’è pure un uso barbaro delle musiche: una compilation di capolavori sparsa come il peggior mangime per il pubblico. Passi per “The times they are a-changin’” della sigla iniziale (peraltro straniante, per un neofita della vicenda) o per l’inserto di “All along the watchtower”, ma ridurre “Hallelujah”, per di più nella versione di Cohen, a sfondo porno-soft la dice lunga sulla pochezza culturale dell’insieme.
A conti fatti, l’unico che s’interroga davvero sul male è Rorschach, antieroe che va in giro in trench, cappello e sudario maculato, che spogliato di costume si rivela un conservatore di ferro, dal ghigno irlandese poco rassicurante, ma una qual certa coerenza. E che non a caso, alla fine, si fa disintegrare, più per disperazione che per spirito sacrificale. Gli altri idoli, invece, sono una desolante sequela di banalità: su tutti il superuomo blu privo di iridi (Dottor Manhattan) risultato del solito, terribile, incidente in un centro di ricerche, che divenuto semidio si stanca delle umane sorti ritirandosi su Marte, con tanto di insopportabili solipsismi filosofici. Poi, sulla stessa linea, il Comico, una sorta di deriva vivente del sogno americano, che stupra e uccide con lo smile appuntato al petto (memorabile la scena in cui spara alla donna incinta di lui, rimproverando poi Manhattan di non averlo fermato), oltre a generare la nuova eroina Spettro di seta, concupita prima dal superuomo poi da Gufo Notturno, un Batman dei poveri con l’indole da contabile.
La storia non serve dettagliarla: i Watchmen, custodi mascherati dell’ordine americano e quindi mondiale (avevamo bisogno di un altro sfondo imperialista, grazie), vengono esautorati, perché scomodi, da un decreto di Nixon e ridotti all’anonimato. Uno di loro (Ozymandias), però, cova progetti di dominio universale, e comincia a liberarsi di nascosto degli ex colleghi prima di dare corso alla sua nuova, originalissima, idea: scatenare l’Apocalisse su New York, e incolpare il Manhattan di cui sopra, onde creare una concordia nel mondo tra le potenze nemiche contro di lui. Il progetto, almeno inizialmente, riesce, col beneplacito del capro espiatorio, che abbandona per sempre la Terra, e l’uccisione di Rorschach, che preferisce la propria morte alla rivelazione della verità. Sarà un suo diario postumo, finito nella redazione di un giornale, ad occuparsene.
Annotiamo a margine alcuni episodi che, benché forse importati dal fumetto, troviamo inesorabilmente ridicoli, tipo:
- Il Dottor Manhattan che atomizza tranquillamente dei Vietcong girando in sospensorio (nella vita privata, invece, la regia ci propina la versione “nature”. Come a dire: sterminare sì, ma discreti);
- Il Comico che fredda Kennedy dalla prospettiva Zapruder;
- Kissinger che confida terreo a Nixon (fra l’altro, identico alla relativa maschera di "Point Break"), poco dopo l’attacco di Ozymandias, “non sono stati i russi”.
Concludendo. Se andate a vederlo, non aspettatevi l’universo alternativo alla Gotham city, nè la saga fantapolitica di "V for Vendetta". "Watchmen" è tutte queste cose e niente. Ma con una distinta preferenza per niente.
Concludendo. Se andate a vederlo, non aspettatevi l’universo alternativo alla Gotham city, nè la saga fantapolitica di "V for Vendetta". "Watchmen" è tutte queste cose e niente. Ma con una distinta preferenza per niente.
LA SCHEDAWatchmen
In una frase: “mi hanno detto che eri su Marte”
Sconsigliatissimo: a chiunque pensi che gli eroi in costume non siano necessariamente sinonimo di carnevale.
Giudizio: KKKK
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