Avviso: ho un impulso potente a polemizzare con Egon. A non limitarmi a riferire il mio parere bensì a contrastare il suo, contrapporre i punti di vista, sovrapporre l'opinione, insomma scatenare la rissa critica. Così, perché son simpatico. E perché il film, diciamocelo subito (via i denti – quelli del T-Rex, che “fanno male”, come ci informa l'ineffabile Fraser – via i dolori!), è porcata integrale ed insalvabile. E mi ci ha trascinato lui, l'amico Spengler, in cerca di emozioni 3D. Quindi medito e merito vendetta tremenda vendetta. Ma cercherò d'essere obiettivo e, soprattutto, di concentrare il rigurgito verso la squallida vaccata circense e non verso il collega recensore. Imo, dunque, al centro della melma.
Domanda: come si parla del nulla? Seguiremmo Wittgenstein e concluderemmo, rapidi ed affossanti, che di ciò di cui non si può parlare è d'obbligo tacere. Ma vogliamo esser generosi (falso, trattasi di logorrea), e procediamo comunque a disquisire. Nel caso in esame abbiamo 93 minuti (secondo l'internet movie database: non vi pensiate che mi sia messo a controllare il display di un orologio o cellulare, desolatamente bidimensionali, durante l'esperienza 3D) di assoluta vacuità, di sceneggiatura inesistente puntellata col ridicolo, di effetti speciali rozzi a se stessi, di pochi ed irritanti esseri umani, di violenza efferata ai danni dell'opera di un grande scrittore.
Riassumendo: un manipolo di fetenti produttori, sceneggiatori e registi ha letto (controvoglia) una riduzione per bambini di un libro di Jules Verne. Colpiti da illuminazione prematura han deciso di farne un blockbuster – ma non sia una cosa banale, diamine, facciamolo dunque in 3D! Ché la tecnologia ha fatto passi da gigante e, laddove il talento è oramai estinto, possiamo sopperire con la computer grafica. Hoplà imbarchiamoci nel baraccone e coinvolgiamo il simpaticissimo (e panzuto) Brendanfraser-quello-della-mummia, con contorno di attori sconosciuti e svogliati oltremisura. Mettiamo lui, l'infallibile Brendàno, nel ruolo di un professore di geologia. Bizzarro, nella vita e nella ricerca, ed in preda a psicotica ossessione per un fratello scomparso 12 anni prima perseguendo qualche insana passione per la fantascienza in una cava islandese. Sull'orlo del totale collasso sul lavoro ed oramai allo sfascio nella vita privata egli viene salvato dall'arrivo del nipote: tredicenne nano ipertecnologico, scazzato dallo zio ma ingrifato da ogni forma di vita femminile, viene sbolognato a Fraser dalla oramai ex moglie del fratello defunto vogliosa di andare a cercar casa in Canada. Il sottosviluppato (il ragazzino, non l'adulto), nonostante sia eroicamente disinteressato al lavoro dello zio (lavoro, vabbè...), si rivela più sveglio di lui nel notare che su un monitor campeggiano 4 e non 3 lucine intermittenti. Questo, incrociato a numeri del lotto segnati dal fratello-padre su una stantia copia di Viaggio al centro della terra, induce “o professore” a pagarsi, tramite collezione di monetine che gli occupa il tavolo di cucina, un viaggio aereo fino all'islanda, trascinandosi dietro il pargolo. Ivi giunti conoscono la gnocca di turno (grammatica elementare dei film d'azione, suvvia!), di mestiere guida di montagna, anch'ella orfana di parente (il vecchio padre) a causa Verne e geologia (combinazione che fa più morti del vaiolo, pare). La convincono, non con la retorica e l'amore per la scienza ma scucendo dei bei soldoni, a guidarli alla bocca di un vulcano in cerca dell'origine della lucina. Di qui in poi, si svacca davvero. Il trio prima finisce prigioniero di una grotta serrata, quindi percorre miniere a cavallo di un carrello sulle orme di Indy, infine saggiamente si mette a passeggiare su uno strato di moscovite (roccia sottilissima, per chi di voi non avesse un dottorato in geologia) onde fare incetta di diamanti. Frana la moscovite, cadono i nostri per un tempo infinito lungo un tunnel che conduce, indovinate?, al centro del pianeta. Ove atterrano sani e salvi (ok...) e scoprono un mondo meraviglioso. Il che equivale, per lo spettatore, ad un'ora buona di tortura in digitale. Nulla è reale e tutto, invece, è potentemente ridicolo. I passerotti son fluorescenti e benevoli, i pesci zannuti ed aggressivi, il fratello morto e sepolto in riva al mare, il calore – per i protagonisti – insopportabile. E meno male che soffrono, perdio! Ancora: Brendan eradica, afferrandola per i testicoli, una pianta carnivora formato gigante, l'oceano infestato viene navigato tramite una specie di aquilone gigante (che poi si trascina via il nano, in una scena esilarante soprattutto per l'urlo di dolore di un Fraser palesemente in fase digestiva), il tirannosauro invece di divorarsi il tredicenne preferisce sbavargli addosso di sorpresa. E poi muore, da fesso qual è, franando ignobilmente su uno strato di sottilissima moscovite – lo vedi, a non studiare, cretino?
Alla fine del viaggio il trio, nonostante ripetuti tentativi del professore di sabotare la sua e la comune sopravvivenza, giunge a salvezza sotto forma di comodo geyser ascensore locato al termine di un fiume. Navigano, per la vostra inesauribile soddisfazione, sull'enorme mandibola di un dinosauro convenientemente adattata a gondola dall'avvenente islandese (che, nel frattempo, ha moderatamente rivisto le proprie posizioni sulla sanità mentale del defunto genitore). Sbucheranno dal Vesuvio, che scopriamo esser coltivato a vigneti da un autoctono – che però parla un po' di siciliano, per gradire. Tanto, viene tacitato (e placato nella sua disperazione per la devastazione della vigna) dall'offerta di uno dei diamanti imboscati dal tredicenne.
In conclusione Fraser passa da fallito sul lavoro e nella vita privata a scienziato di successo ed eroe d'azione (benchè sovrappeso), per di più dotato di gnocca bionda europea e di soddisfazione per aver riabilitato la memoria del fratello demente. Il nipote, invece, ha trafugato un uccelletto luminescente e se lo perde in città col risultato verosimile di devastare irreparabilmente il nostro ecosistema. Non contenti di ciò, si salutano ripromettendosi di incontrarsi nuovamente presto e col regalo di un libro su Atlantide. Temo un sequel. Non c'è scelta, dovrò strapparmi un occhio – privo della visione binoculare dovrei, se non altro, scampare al maledetto treddì.
LA SCHEDA
Viaggio al centro della terra 3d
In una frase: "si, vabbè, sputami in faccia, cazzo!" - segue sputo di Fraser verso la macchina da presa. In 3D.
Sconsigliatissimo: Verne era il mio scrittore preferito, da bimbo. Non credo necessiti aggiungere altro.
Giudizio: KKK (uno per ogni dimensione, e son generoso)
Nessun commento:
Posta un commento