sabato 7 febbraio 2009

Viaggio al centro della Terra 3d

Dobbiamo ammetterlo. Non saremmo mai stati incuriositi da “Viaggio al centro della Terra” se nel titolo qualche esprit de finesse non avesse aggiunto la dicitura “3d”. Tre dimensioni! Da quanto tempo non andavamo a vedere un film in tre dimensioni! L’ultima volta era successo a Eurodisney, con un corto di Landis chiamato “Captain Eo”, dove Michael Jackson, ancora nero, si dimenava senza timore che gli cadesse il naso. Ma la prima (ed unica) al cinema era di qualche anno prima: “Nightmare 6 – la fine”, un’autentica bruttura che riusciva tuttavia a peggiorare nelle sequenze conclusive, quando veniva dotata di profondità grazie a dei prodigiosi occhialini. Beh, occhialini: più che altro squallide montature di cartone con delle pellicole colorate al posto delle lenti. Ottime, al massimo, per chi volesse godersi un’eclissi di sole, benché indispensabili: senza, tutti i personaggi sarebbero somigliati a Pizza Margherita, quella di “Spaceballs”.
Oggi, però, i tempi sono cambiati. Gli occhiali non sono più cartonati ma plasticatissimi ed ipertecnologici, stile operaio siderurgico. Vi costano un euro in più sul prezzo del biglietto, ma ne vale la pena, perché il munifico multiplex vi abbona pure i trailer in tre dimensioni (tutti pupazzetti, peraltro). Non vi resta che entrare in sala, rivolgervi allo scazzatissimo addetto al divertimento e prendere in consegna, in sacchetto sigillato, i magici arnesi. Indossate, e godete. Ma poi, per cortesia, restituite, perché in tempi di crisi non si regala nulla, ed è un peccato. Quelli di una volta erano pret-a-porter.
Trama. Eh, diciamocelo: la storia, almeno quella buona, l’ha già scritta Verne, quindi faremmo un torto a lui, a voi e a qualche recensore più analitico se ve la raccontassimo per filo e per segno. Ci limitiamo dunque all’essenziale: c’è un sismologo fallito (il probabile Brendan Fraser) che deve ospitare, suo malgrado, il nipotino tredicenne a casa propria per qualche giorno. Insieme a una scarica di insulti dell’affabile marmocchio (doppiato misteriosamente da un 35enne, forse per suggerire maturità al cospetto dell’infantile zio), gli arriva anche uno scatolone con gli effetti personali del fratello, padre del rompipalle, scomparso in circostanze misteriose durante una spedizione in Islanda. Tra uno yo-yo e qualche aggeggio ridicolo, il nostro eroe scopre la presenza di un’edizione unta e bisunta del “Viaggio al centro della Terra” di Verne, glossata con strani geroglifici che – vai a capire il caso – richiamano pari pari le sue ricerche scientifiche. Eccitato dalla coincidenza, decide di partire col nipote per l’Islanda, tutto preso dai fanatismi del predecessore: il fratello, infatti, era un verniano, ossia un bizzarro individuo convinto che i racconti di Verne siano veri, e che sotto i nostri piedi esista effettivamente un altro mondo, non – com’è noto da secoli – i gironi danteschi.
Giunto a destinazione, incontra un’autoctona molto carina, pure lei implicata in parentele scomode: è infatti la figlia di una specie di Chester Copperpot post-litteram, morto da qualche anno, ed anch’egli – ahinoi – verniano duro. Tra una pagina ingiallita e l’altra (riposa in pace, Jules), i tre decidono di mettersi in marcia per far luce sulle scombicchierate teorie dei visionari. E qui comincia lo spasso (?). Il film, infatti, per tutta la prima parte, è incentrato sulla dabbenaggine di Fraser, che all'inizio si attira addosso dei fulmini, poi genera una frana che intrappola lui e i suoi compagni di sventura in una caverna, infine tenta di portarli fuori dando, immancabilmente, suggerimenti sbagliati e pericolosi.
La morale del seguito è intuibile: le teorie di Verne sono ultravere, dunque i nostri si ritrovano effettivamente nel calorosissimo centro della Terra, alle prese con creature che al piano di sopra sono estinte da secoli, o al più ipotizzate nei libri di (fanta)scienza. Nel mentre ritroveranno anche i resti del fratello dell’eroe, affronteranno rischi di ogni sorta, e riusciranno a risalire in superficie, precipitando sulle pendici del Vesuvio.
Vi chiederete: e il 3d? Beh, non tradisce. Dopo una sequela di avvisaglie (Fraser che ti sputa addosso, collega di Fraser che sguaina un metro, yo-yo che ti piomba in faccia), arriva lo spettacolo: carrelli sui binari morti, fungoni gigantoni (sic), pennuti al neon, pesci volanti dentuti (ottimi per giocarci a baseball), pietre sospese e, dulcis in fundo, tirannosaurus rex che ti risputa addosso, più e meglio di Fraser. Insomma, una rimasticatura di "Indiana Jones", o piuttosto di certe imprese di Nicholas Cage, impreziosita da alcuni buchi nella sceneggiatura (gli zaini dei protagonisti scompaiono e riappaiono magicamente, a seconda delle necessità) e da una perla assoluta, preannunciata nei trailer: Fraser, biologo di fama, che alla vista di un ribollente fiume rosso chiarisce: “è lava!”. Grazie, lo capivamo anche in due dimensioni.
LA SCHEDA
Viaggio al centro della Terra 3d
In una frase: "Vado su Google a 9000 metri"
Sconsigliatissimo:
a chiunque, vedendo la performance di Fraser ne "la Mummia" teneva per la Mummia.
Giudizio
: KK (avvertenza: se indossate gli occhiali, diventano quattro)

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