Se il cinema italiano ha la mafia, quello americano ha i poliziotti corrotti. Due malattie che rimbecilliscono la sceneggiatura e deprimono la regia. "Pride and glory", di Gavin O'Connor, appartiene alla seconda categoria. E, come tutti i film del genere, intreccia l'illegalità sul lavoro alla - falsa - moralità della vita privata. A capo della famiglia, stavolta, hanno messo Jon Voight, veterano della squadra investigativa, che osserva impietrito (e a tratti sbronzo) il degenerare delle carriere dei figli. Prima, di Edward Norton, che a dispetto dell'aria sofferta - Dio, che spreco - è un onesto difensore della legge, finito a ruminare carte alla "persone scomparse". Poi, di Noah Emmerich, erede designato di Voight, che incappa in un tragico incidente di percorso, quando quattro uomini del suo team (la Narcotici, as usual) vengono trovati morti in un oscuro palazzo di periferia.
Norton si rimetterà in pista, scoprendo i loschi affari non solo del fratello, ma soprattutto del cognato Ray (un Colin Farrell da tappezzeria), anch'egli in divisa, implicatissimo con la malavita portoricana e dedito a corruzione, ultraviolenza e traffici di droga. Sullo sfondo, i classici matrimoni con figli. Di Farrell, periodicamente interrotto nel menage da strane visite di brutti ceffi (delinquenti o colleghi, tutto fa brodo), e di Emmerich, che alla fine troverà il coraggio di redimersi per rispetto alla moglie, malata terminale. In tutto questo, Norton vive da solo su una barca che fa acqua, e sta per separarsi. Forse, l'unico debito pagato all'attore, ormai in caduta libera.
Il resto della trama è immaginabile: cosa accade quando un detective si accorge che suo cognato (o fratello, o figlio), nonché collega, è uno stronzo? A chi resterà fedele? Al Corpo della Polizia o al suo sangue? Siccome è una rubrica di servizio, ve lo sveliamo noi, senza che vi sorbiate 125 minuti di tedio. A dispetto di Voight, che vorrebbe insabbiare (come ogni patriota della prima ora), Emmerich decide di vuotare il sacco, congedandosi dall'uniforme, e Norton va ad arrestare Farrell, vincendone la riluttanza alle manette a suon di sganassoni e palle da biliardo sulla tempia. Il retroscena, peraltro, è perfino peggiore: mentre sta per consegnarlo alla giustizia, il nostro viene avvicinato da una masnada di portoricani armati di spranghe. Rassicurato sul fatto che "vogliamo solo lui", abbandona Farrell al suo orrendo destino. In pratica, l'unico momento di vera gloria del film.
Quanto all'onore, lasciatelo a casa: tecnicamente, l'opera è piatta, scontata e didascalica. E, a parte un po' di steadycam iniziale, affonda negli stilemi più vieti. Un premio alla regia: in una sequenza di dialogo fra Emmerich e Norton, le teste dei due, ripresi in totale, sono bellamente tagliate. E non è - purtroppo - un errore del proiezionista.
LA SCHEDA
Pride and glory - Il prezzo dell'onore
La frase: "questo film mi è passato più veloce dell'altro"
Sconsigliatissimo: a chi, dai tempi di "Training day", non va più a vedere un film sulla polizia americana.
Giudizio: KK
Sconsigliatissimo: a chi, dai tempi di "Training day", non va più a vedere un film sulla polizia americana.
Giudizio: KK
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