domenica 30 dicembre 2007

La bussola d'oro

Ok, è un fantasy. Dunque tutto lecito, almeno in apparenza. Anche un orso polare alcolizzato (nonché corazzato) che chiede a una bambina se vuole cavalcarlo. Anche Nicole Kidman che, ancora pervasa dalla pubblicità di Chanel, passa da una scena all'altra con abiti iperaderenti e un'affettazione da maitresse in disarmo. Anche Daniel Craig con barba posticcia che, impossibilitato a interpretare l'amata parte del muscolare, compare sì e no in un paio di sequenze, in entrambe le quali tentano - giustamente - di ucciderlo. Ma si passa il segno se, a corredo di queste pregevoli intuizioni, il regista presenta pure un cowboy demente e una sorta di Campanellino con le fattezze lussuriose di Eva Green.
Direte: è la storia. Può darsi, dal momento che della trama si capisce poco o nulla, dunque è difficile pronunciarsi. Si sa solo che lo scenario del film è una sorta di universo parallelo dove, a differenza del nostro mondo banale, l'anima e il corpo non vanno a braccetto, ma con-vivono separati. Nella fattispecie, il corpo sono gli umani, e l'anima dei fastidiosissimi animaletti - detti daimon, con tanti saluti a Socrate - dalle sembianze via via di topo ("dov'è il mio Ratter?" dice disperato uno dei marmocchi protagonisti), di coniglio o scimmia, che parlano e trotterellano accanto ai padroni, rompendo le palle per tutta l'ora e trequarti di visione.
Ok, è un fantasy. Dunque ci sta che il ruolo principale sia affidato a una bambina (Dakota Blue Richards, nome più da Coyote Ugly che da promessa delle scene), e che tutto ruoti attorno, perlappunto, ad una bussola d'oro in suo possesso, ribattezzata, con apposito neologismo, "aletiometro", in quanto, anzichè segnare i punti cardinali, dice dov'è la verità. Molto comoda, tanto da alimentare gli appetiti del fantomatico "Magisterium" (una specie di Ministero in disuso dove allignano vecchi bramosi, tra cui Christopher Lee), nonchè di una malvagia strega nazista (sì, Nicole Kidman), a capo d'una setta di tipi rispettabili, definiti "ingoiatori", che rapiscono in segreto i bambini per separarli, mediante apposita "intercisione" - presto, si auspica, vietata dall'ONU - dai rispettivi daimon. Conseguenze? Per i primi, par di capire, la liberazione dagli influssi di una benefica polvere proveniente da chissà dove (ci s'interessa Daniel Craig, zio della protagonista con la fissa delle Svalbard), per i secondi, ma è solo un'ipotesi personale, il riutilizzo come accessori da auto (la celebre "pelle di daimon").

LA SCHEDA
La bussola d'oro
In una frase: "Svaaaalbard!, un po' come dire 'cazzo!' in svedese"
Sconsigliatissimo:
a chi odia gli animali parlanti e a chi pensa, come gli Articolo 31 per Zucchero e Joe Cocker, che non abbia senso fare una trilogia nordica se c'è già (stato) "il Signore degli Anelli"

Giudizio:
KKk (ok, è pur sempre un fantasy)

venerdì 28 dicembre 2007

L'esordio - Leoni per agnelli

"Guarda, brutto".

Potrei terminare già qui. Con il giudizio, perlappunto terminale, fornito da un collega (e futuro collaboratore - del resto, come rinunciare a peter wenkman?) amante del cinema al termine della proiezione. Ma nemmeno le golosità culinarie proprie del periodo mi distoglieranno dalla missione. Ergo, procediamo. La prima recensione, l'esordio di questa nuova, fulgida iniziativa, è per l'ultima fatica del regista, e interprete, Robert Redford: Leoni per agnelli. Mai debutto avrebbe potuto essere più appropriato. Ci proponiamo di recensire, senza pietas, film brutti. Veramente Brutti. Stasera siamo fortunati. L'opera in questione condensa in 90 minuti vette di bruttura e banalità che ne fanno la nostra perfetta strenna natalizia.
Un cast d'eccezione. Speriamo. Cruise panzuto, vecchio, buffo - sventuratamente, la parte non lo richiederebbe. Redford oramai privo del controllo dei propri muscoli facciali - un'evoluzione inaspettata da quando si presentò con fattezze orientaleggianti (e, ci si augurava, per sempre costrette all'immobilità) all'annuale festa dell'Academy. Michael Peña - che un link se lo merita - malamente condannato in eterno al ruolo del disastrato che i compagni di sventura non vogliono (per motivi imperscrutabili ai più) saperne di abbandonare. Come se non avesse avuto la giusta dose di macerie in WTC. Una prece: qualcuno salvi Meryl Streep, non merita questo girone.
Vorremmo deliziarvi con dettagli sulla sceneggiatura, ma ci limiteremo ad alcune informazioni salienti. Gli americani sono, sostanzialmente, tutti eroici patriotti. Di conseguenza, muoiono come imbecilli totali in campi di battaglia che non pertengono loro. Nel frattempo, a Washington, un giovane (giovane? Tom Cruise?) senatore repubblicano (con annessa collezione di foto che lo ritraggono ignobilmente allegro in compagnia dei potenti d'America) convoca una giornalista onde svelarle il suo spettacolare piano per porre fine alla guerra al terrorismo. Riassumendo: arruolare un'intera generazione di teenager illetterati e scatenare la terza guerra mondiale in medio oriente. Altrove, in un'imprecisata "università della California", un brillante (mah...) giovane ridicolmente abbigliato viene lobotomizzato dall'arteriosclerotico docente del corso di scienze politiche al fine di impedirgli di godersi la propria giovinezza come si conviene ai privilegiati - soldi, auto e puttane. Il senescente lo vuole, invece, indottrinare (e noi con lui, maledetto!) e costringere ad optare tra le seguenti due alternative:
1- arruolarsi volontario per la guerra in Afghanistan, come gli ultimi due studenti brillanti che aveva influenzato (quorum Michael Peña) oppure;
2- far carriera in politica e sostituire al malgoverno attuale una forma di malgoverno a lui più gradita.
Ci fermiamo, onde non rovinarvi il finale. Trattandosi della parte più intollerabile dell'opera, ci parrebbe uno sgarbo.

Note a margine:
  • esemplare la caratterizzazione degli studenti privilegiati d'America: bianchi, grassi e saccenti;
  • per contrasto, gli eroi sono un messicano ed un nero, amicissimi (c'è del tenero? noi sospettiamo di si), volonterosi, pieni di fede nel sogno americano - che si concretizza, nel loro caso, nella balzana idea che, una volta ottenuto lo status di reduci di guerra, qualcuno li ascolterà;
  • sfortuna vuole che siano destinati a ben altra fine;
  • e che se la meritino, ne converrete una volta visto il film;
  • meritoria l'iniziativa di tradurre in italiano ogni parola scritta che compare su schermo - l'effetto è straniante, ed a momenti invece che sulle rive del Potomac sembra di stare alla Garbatella.

LA SCHEDA

Leoni per agnelli

In una frase: "Quest'uomo non ha vergogna - Redford si è svegliato una mattina con una missione: annoiare il pubblico"

Sconsigliatissimo: ai pasionari alla Oliver Stone, ai pacifisti, alle minoranze (che fanno una brutta fine, si evince)

Giudizio: KKKk

Vi facciamo il cult (manifesto programmatico)

Una dichiarazione d'intenti. Una poetica. Il kammerspielfilm. Niente di tutto ciò, qui.
A profusione: il cinema, il nostro divertimento. Impedito da cineasti mediocri a dir poco, svilito e svenduto, impoverito, incancrenito, bestemmiato e scippato della propria essenza, creatività, vitalità. Goderlo è divenuto quasi impossibile, oggi, in una sala. Donde, la decisione - inevitabile, improcrastinabile, ineludibile. Irrevocabile, oramai. Uno spazio per raccogliere, canalizzare ("flusso canalizzatore, sta flussando"), rinvigorire ed infine vomitare (condividendolo) il nostro malcontento. Una grande, gigantesca, vomitatorata.
Oggi il cinema è morto - da due anni. Morto da sei mesi. Morto di giornata. La testa, ahinoi, non ci fanno più perdere. Ergo, è ora di reagire. Mostriamo alla troia preistorica come si lavora all'assessorato.
Messa da parte ogni sorta di buonismo, di ghezzismo d'accatto (qualunque cosa possa significare) e di scrittura (scrittura?) patinata stile CIAK, ci dichiariamo pronti ad annunciare che "la corazzata cotemkin (sic) è" quel che ben sapete.
Last but not Lynch: se non vi piace il tono, non condividete i pareri, e soprattutto vi provate a scrivere commenti irriguardosi sui nostri post, ci riserviamo l'inalienabile diritto di purgarvi senza pietà. Ebbene sì, saremo dittatoriali. Tutto avverrà a nostro insindacabile gusto e giudizio. Dopotutto, siamo in missione per conto di dio.


Breve ma indispensabile guida all'uso

Segnaleremo, di volta in volta, i nostri giudizi in calce alle recensioni - in modo conciso, come si conviene ad un servizio pubblico. Ci avvarremo, di conseguenza, di alcuni espedienti ben codificati: per iniziare, utilizzeremo le categorie In una frase, Sconsigliatissimo e Giudizio per, rispettivamente, fornire una sintesi, uno o più suggerimenti, una sentenza. Canonicamente, quest'ultima va espressa in "stelle", che per lo più vanno da una a cinque. A noi pare adeguato, nello spirito che ci anima, utilizzare un simbolo diverso: il Kevin (K vale un Kevin, mentre k un più modesto mezzo Kevin - si intende che il massimo, 5 Kevin, simboleggia l'apice della schifezza). Kevin, ovviamente, Costner: da Waterworld in poi, la pietra di paragone per il fallimento in ambito cinematografico.