Privo delle stimmate di Richard Kelly, autore del primo episodio, il film su Samantha, sorella minore del protagonista (la svogliata Daveigh Chase), non è che una bieca rimasticatura delle idee della storia precedente. Anzi, un saccheggio.
Perché, se di viaggi nel tempo, universi alternativi e sonnambulismi pur sempre si parla, le parti sono cambiate: nella visione di Chris Fisher, regista dell'operazione, non è più il coniglio Frank a indottrinare sulla fine del mondo ma S. stessa, per l’occasione in versione zombie, che lancia anatemi e comandi al malcapitato di turno, un reduce dall’Iraq stravolto di paura (per gli amici Iraq Jack), risparmiato temporaneamente dalla caduta di un meteorite.
Il film è puro abuso di immagini e suggestioni già sperimentate: i wormhole e consimili, che ribaltano la storia due volte (rendendone totalmente inutile la prima parte), le false apparenze (al posto del guru pedofilo c’è il prete pervertito, che creatività), l’ambientazione provinciale (anziché il liceo, la cittadina on the road di Conejo Springs, dove S. e l’amica Corey finiscono per un guasto al motore dell’auto).
Del tutto assenti, invece, i punti di forza del predecessore: a parte il tono malinconico e terrorizzato, sostituito da un uniforme piattume descrittivo, manca la critica sociale, colpevolmente barattata con una sequela di stereotipi (il fantoccio alla James Dean di cui s’invaghisce Corey, il secchione represso che si ritrova per le mani un pezzo del meteorite iniziale, sbarellando di conseguenza, e l’immancabile bambino fantasma). Unica a salvarsi, nel naufragio generale, è Elizabeth Berkeley, nelle vesti di una serial killer timorata di Dio.
Pura volgarità, invece, l’aver reso l’universo parallelo, o per meglio dire la poetica della possibilità, un mero espediente retorico, al punto che S., per l’intera durata della trama, fa la spola con l’Aldilà: prima viva di giorno e morta di notte, poi morta di giorno e di notte, infine nuovamente viva di giorno e, si spera, solo sonnambula per il resto.
Vi chiederete che ne sia stato del coniglio: ebbene, è introdotto a forza nella storia dalla protagonista, che in uno dei suoi discorsi da occhiaie intima al povero reduce di cui sopra di farne foggia per un’armatura, al solo scopo – riteniamo – di ricreare il familiare logo del primo film, ad uso e consumo dei manifesti.
Pare perfino superfluo scrivere che il finale è identico, anche registicamente, all’episodio-pilota: lieve carrellata sulle vite dei personaggi dopo il mutamento dell’antefatto, con ammiccamenti vari ai paradossi temporali. Alla resa dei conti, il meteorite è effettivamente caduto sul soldato (poveraccio) e S. torna alla vita da cui fuggiva (ma senza l’amica, che resta col fantoccio). Quanto al bambino fantasma, tale per pregresso rapimento della Berkeley, lo vediamo guardare attraverso le sbarre del suo nascondiglio. Salvato o meno dal suo destino non è dato sapere.
Sola consolazione (?) è che su Conejo Springs non s’abbatta la pioggia di meteoriti preconizzata dal nerd nel futuro alternativo: si tratterebbe – ipse dixit – dell’arrivo di non ben chiariti “tesseranti”. Chi ci capisce è bravo.
Note a margine:
- Tra le vittime della Berkeley c’è anche il fratellino del fantoccio. Circostanza buona per creare un’empatia con S., anch’ella sconvolta per la morte di Donnie. Peccato che il regista non ci dedichi più di un minuto;
- Iraq Jack è nipote di Nonna Morte. Sappiamo che morivate dalla voglia di saperlo.
Perché, se di viaggi nel tempo, universi alternativi e sonnambulismi pur sempre si parla, le parti sono cambiate: nella visione di Chris Fisher, regista dell'operazione, non è più il coniglio Frank a indottrinare sulla fine del mondo ma S. stessa, per l’occasione in versione zombie, che lancia anatemi e comandi al malcapitato di turno, un reduce dall’Iraq stravolto di paura (per gli amici Iraq Jack), risparmiato temporaneamente dalla caduta di un meteorite.
Il film è puro abuso di immagini e suggestioni già sperimentate: i wormhole e consimili, che ribaltano la storia due volte (rendendone totalmente inutile la prima parte), le false apparenze (al posto del guru pedofilo c’è il prete pervertito, che creatività), l’ambientazione provinciale (anziché il liceo, la cittadina on the road di Conejo Springs, dove S. e l’amica Corey finiscono per un guasto al motore dell’auto).
Del tutto assenti, invece, i punti di forza del predecessore: a parte il tono malinconico e terrorizzato, sostituito da un uniforme piattume descrittivo, manca la critica sociale, colpevolmente barattata con una sequela di stereotipi (il fantoccio alla James Dean di cui s’invaghisce Corey, il secchione represso che si ritrova per le mani un pezzo del meteorite iniziale, sbarellando di conseguenza, e l’immancabile bambino fantasma). Unica a salvarsi, nel naufragio generale, è Elizabeth Berkeley, nelle vesti di una serial killer timorata di Dio.
Pura volgarità, invece, l’aver reso l’universo parallelo, o per meglio dire la poetica della possibilità, un mero espediente retorico, al punto che S., per l’intera durata della trama, fa la spola con l’Aldilà: prima viva di giorno e morta di notte, poi morta di giorno e di notte, infine nuovamente viva di giorno e, si spera, solo sonnambula per il resto.
Vi chiederete che ne sia stato del coniglio: ebbene, è introdotto a forza nella storia dalla protagonista, che in uno dei suoi discorsi da occhiaie intima al povero reduce di cui sopra di farne foggia per un’armatura, al solo scopo – riteniamo – di ricreare il familiare logo del primo film, ad uso e consumo dei manifesti.
Pare perfino superfluo scrivere che il finale è identico, anche registicamente, all’episodio-pilota: lieve carrellata sulle vite dei personaggi dopo il mutamento dell’antefatto, con ammiccamenti vari ai paradossi temporali. Alla resa dei conti, il meteorite è effettivamente caduto sul soldato (poveraccio) e S. torna alla vita da cui fuggiva (ma senza l’amica, che resta col fantoccio). Quanto al bambino fantasma, tale per pregresso rapimento della Berkeley, lo vediamo guardare attraverso le sbarre del suo nascondiglio. Salvato o meno dal suo destino non è dato sapere.
Sola consolazione (?) è che su Conejo Springs non s’abbatta la pioggia di meteoriti preconizzata dal nerd nel futuro alternativo: si tratterebbe – ipse dixit – dell’arrivo di non ben chiariti “tesseranti”. Chi ci capisce è bravo.
Note a margine:
- Tra le vittime della Berkeley c’è anche il fratellino del fantoccio. Circostanza buona per creare un’empatia con S., anch’ella sconvolta per la morte di Donnie. Peccato che il regista non ci dedichi più di un minuto;
- Iraq Jack è nipote di Nonna Morte. Sappiamo che morivate dalla voglia di saperlo.
LA SCHEDA
S.Darko
S.Darko
In una frase: “ho dormito dieci minuti buoni”
Sconsigliatissimo: a chiunque, dopo Donnie Darko, voglia conservare il ricordo di un film originale e intelligente. Non lasci che questo seguito ci precipiti sopra.
Giudizio: KKKK