Cari tutti,
se ci siete sappiate che siamo ancora vivi - salvo discussioni più approfondite sulla definizione di "vita", ma per un blog di metafisica rimanderemo altrove, in un qualche futuro - e l'iniziativa prosegue. Non abbiamo, in sostanza, abbandonato la missione - anzi! Brevemente, i motivi per cui abbiamo taciuto: vacanze e relativa voglia di fare un beneamato, mancanza di film veramente brutti da recensire, nostra totale, indecente ma insindacabile tendenza a svicolare da ogni sorta di impegno, inclusi quelli che ci creiamo da soli. Ma questa impresa non verrà abbandonata, ed anzi questo post serve, oltre che a mandare un segnale vitale, a presentare ulteriori aspetti di questo nostro servizio. Anzitutto, come detto, non abbiamo visto film orrendi, di recente. Ciò non significa che non siamo andati al cinema - ci mancherebbe! Semplicemente, ci siamo una tantum rifiutati di regalar denaro alla causa di chi il cinema lo fa col culo (scusate il francesismo) invece che col cuore o con altre, comunque più adatte, parti anatomiche a scelta. Ed abbiamo avuto la fortuna di incocciare in un paio di film piacevoli. Per la precisione: I Am Legend ed American Gangster. Fedeli al nostro credo, allo scopo di questo blog, alla missione affidataci dall'alto, non li recensiamo. Vi invitiamo ad andarli a vedere, con qualche piccolo caveat: sono film di genere, e come tali vanno scelti e fruiti. Non sono capolavori. Per quelli, rivolgersi altrove. Preferibilmente, ad una videoteca. Ma sono gradevoli, ben realizzati. Meglio Denzel Washington (bravo, si) nel filmone (due ore e mezza, ma passano senza troppa sofferenza - dote rara e tantopiù apprezzabile, in questi tempi nefasti) di Scott che Will Smith nello stravolgimento del romanzo di Matheson. Perchè di stravolgimento si tratta, siatene avvisati. Se amate il libro (che, ad ogni modo, vi consigliamo vivamente) preparatevi a diverse sorprese, non tutte gradevoli. Per godersi il film, siete pregati di dimenticare l'originale e prenderlo per ciò che è: un buon prodotto, modernizzato, con un finale scandalosamente hollywoodiano ma pazienza. Dopotutto, avreste potuto finire peggio. Tipo: nella sala dove proiettano Pieraccioni. O Bova. O Vaporidis. Ed è meglio fermarsi qui.
Va, invece, condivisa una riflessione che non riguarda i film ma il pubblico in sala. I Am Legend l'abbiamo visto un lunedì sera. La sala, capiente, era piena in ogni ordine di posti. Bel segnale, verrebbe da dire - il ritorno al cinema del pubblico. E, pochi secondi dopo, vi dovreste mordere la lingua fino a farla sanguinare, onde autopunirvi di tale immonda idiozia. Il pubblico in questione, in effetti, è numeroso. Ma è, questa, la sola qualità di cui sia in possesso. Si tratta, per lo più, di un'accozzaglia di intollerabili incivili, presentatisi in sala con l'unico scopo di impedire ad altri la fruizione serena dello spettacolo. L'eterogeneità di costoro è sorprendente: si attraversano le fasce d'età e, ci pare di poter dire, i ceti sociali. Fintantochè la gentaglia in questione si limita ad andarsene a spasso in piccole mandrie (appropriato, data l'affinità intellettiva con alcuni quadrupedi) incapaci di localizzare i posti a loro designati, transeat. Si spera che, all'inizio della proiezione o poco dopo, trovino infine la pace in qualche posto in fila F, numero 23, anche se avrebbero dovuto recarsi nella M, sedile 7 (ma la seconda metà dell'alfabeto non è che la rammentino così bene, ed allora...). Purtroppo, alcuni dei signori in questione ritengono indispensabile esternare i propri divertentissimi commenti per l'intera durata dello spettacolo. A noi è toccata la fortuna di sedere a distanza minima da un terzetto di siffatta natura. Alcune perle:
"hanno tutti la meningite" (in riferimento ai mostri del film, con apprezzabile colpo di fioretto sull'attualità)
"ragazzi, merda per merda per 3 e 14" (alla fine dell'intervallo, è ignoto cosa abbia scatenato la passione per la geometria dell'intellettuale in questione)
ma, soprattutto, un momento si eleva nella nostra memoria, stagliandosi sugli altri. Breve e doverosa introduzione: il protagonista (Robert Neville, appunto Will Smith) è dotato di famiglia (moglie e figlioletta) e cane. Inseparabile, l'animale da compagnia. A nome Samantha. Un po' oltre la metà del film, un altro personaggio, vedendo una foto della fanciulletta con in braccio il cane (versione cucciolo), si rivolge a Neville con "E' molto bella. Come si chiama?". A quel punto uno dei nostri amabili vicini ha commentato "Samantha". Per la prima, ed unica in 100 minuti di film, volta era, cioè, stato in grado di elaborare una freddura che, se non degna di Woody dei tempi d'oro, poteva suonare non disprezzabile. Dopo qualche secondo di silenzio imbarazzato, ha aggiunto "il nome del cane". Suscitando un modesto risolino di compassione nei suoi sodali. Sintetizzando: l'unica battuta degna della sua serata (e, avendo sentito le altre, supponiamo del semetre) ha dovuto sottotitolarla. Si dice che l'ispirazione attraversi l'universo sotto forma di minuscole particelle, che colpiscono sostanzialmente a caso, talvolta terminando la propria corsa nel posto più sbagliato. Quanto è vero.
La reprimenda di cui sopra serve ad illustrare un concetto: il cinema (l'arte) è meraviglioso.
Il cinema (il luogo) può essere meraviglioso. O, a momenti, decisamente sgradevole. Il ritorno del pubblico nelle sale non può che farci piacere, nella speranza (vana, lo sappiamo, ma se non fossimo idealisti non saremmo qui) che incentivi un innalzamento del livello delle produzioni. Solamente gradiremmo una selezione migliore. Ad esempio, quella effettuata dall'epidemia nel succitato I Am Legend. Riassumendo: la sopravvivenza dell'1% circa della popolazione.
O, se preferite un approccio buonista, che sopravvivano tutti e se ne vadano pure al cinema. Ma fate i trailer in modo onesto, e non ci mandate branchi di analfabeti in cerca di azione e sbudellamenti ed orrori assortiti a vedere un film tutto sommato riflessivo. Che poi lo splatter ci sta, sia chiaro. Ma vorremmo poter fruire dei film nel modo opportuno, e se poi scegliamo di indossare la canotta di ordinanza di Bruce Willis/John McClane o i guantacci alla Freddie Kruger o in qualsiasi altro modo sfogarci, lo faremo anche noi - auspicabilmente, con humor un minimo più ficcante.
Questo per iniziare l'anno con la dovuta dose di acrimonia, cari amici. Per proseguire, vi annunciamo che, oltre a segnalarvi (quando sia il caso) qualche film non sgradevole, apriremo anche un'altra nuova strada, di qui a poco. Ovvero inizieremo a recensire film "vecchi", non attualmente nelle sale. Ne conosciamo, va da sè, a centinaia che meritano il giusto sputtanamento. Ve ne presenteremo una selezione. Possiamo promettervi fin d'ora l'impegno, la dedizione, il livore che ci contraddistinguono quando siamo appena usciti dalla sala. E, salvo imprevisti, anche il titolo del primo protagonista di questa nuova rubrica: Apocalypto. Dio mio, che infamia.
A presto dunque, con un'ultima avvertenza: commentate, se e quando e su cosa gradite. Come anticipato, non ci faremo scrupoli ad essere ingiusti e dittatoriali e ad epurare tutto quel che non ci piaccia. Ma questo blog non vuole limitarsi a dar sfogo al nostro (pur eccelso) risentimento verso molto cinema d'oggi - vogliamo, speriamo di, condividere e stimolare discussioni, pareri, insulti da parte di chiunque, come noi, desideri partecipare alla missione. Buon cinema a tutti - se siete fortunati!
se ci siete sappiate che siamo ancora vivi - salvo discussioni più approfondite sulla definizione di "vita", ma per un blog di metafisica rimanderemo altrove, in un qualche futuro - e l'iniziativa prosegue. Non abbiamo, in sostanza, abbandonato la missione - anzi! Brevemente, i motivi per cui abbiamo taciuto: vacanze e relativa voglia di fare un beneamato, mancanza di film veramente brutti da recensire, nostra totale, indecente ma insindacabile tendenza a svicolare da ogni sorta di impegno, inclusi quelli che ci creiamo da soli. Ma questa impresa non verrà abbandonata, ed anzi questo post serve, oltre che a mandare un segnale vitale, a presentare ulteriori aspetti di questo nostro servizio. Anzitutto, come detto, non abbiamo visto film orrendi, di recente. Ciò non significa che non siamo andati al cinema - ci mancherebbe! Semplicemente, ci siamo una tantum rifiutati di regalar denaro alla causa di chi il cinema lo fa col culo (scusate il francesismo) invece che col cuore o con altre, comunque più adatte, parti anatomiche a scelta. Ed abbiamo avuto la fortuna di incocciare in un paio di film piacevoli. Per la precisione: I Am Legend ed American Gangster. Fedeli al nostro credo, allo scopo di questo blog, alla missione affidataci dall'alto, non li recensiamo. Vi invitiamo ad andarli a vedere, con qualche piccolo caveat: sono film di genere, e come tali vanno scelti e fruiti. Non sono capolavori. Per quelli, rivolgersi altrove. Preferibilmente, ad una videoteca. Ma sono gradevoli, ben realizzati. Meglio Denzel Washington (bravo, si) nel filmone (due ore e mezza, ma passano senza troppa sofferenza - dote rara e tantopiù apprezzabile, in questi tempi nefasti) di Scott che Will Smith nello stravolgimento del romanzo di Matheson. Perchè di stravolgimento si tratta, siatene avvisati. Se amate il libro (che, ad ogni modo, vi consigliamo vivamente) preparatevi a diverse sorprese, non tutte gradevoli. Per godersi il film, siete pregati di dimenticare l'originale e prenderlo per ciò che è: un buon prodotto, modernizzato, con un finale scandalosamente hollywoodiano ma pazienza. Dopotutto, avreste potuto finire peggio. Tipo: nella sala dove proiettano Pieraccioni. O Bova. O Vaporidis. Ed è meglio fermarsi qui.
Va, invece, condivisa una riflessione che non riguarda i film ma il pubblico in sala. I Am Legend l'abbiamo visto un lunedì sera. La sala, capiente, era piena in ogni ordine di posti. Bel segnale, verrebbe da dire - il ritorno al cinema del pubblico. E, pochi secondi dopo, vi dovreste mordere la lingua fino a farla sanguinare, onde autopunirvi di tale immonda idiozia. Il pubblico in questione, in effetti, è numeroso. Ma è, questa, la sola qualità di cui sia in possesso. Si tratta, per lo più, di un'accozzaglia di intollerabili incivili, presentatisi in sala con l'unico scopo di impedire ad altri la fruizione serena dello spettacolo. L'eterogeneità di costoro è sorprendente: si attraversano le fasce d'età e, ci pare di poter dire, i ceti sociali. Fintantochè la gentaglia in questione si limita ad andarsene a spasso in piccole mandrie (appropriato, data l'affinità intellettiva con alcuni quadrupedi) incapaci di localizzare i posti a loro designati, transeat. Si spera che, all'inizio della proiezione o poco dopo, trovino infine la pace in qualche posto in fila F, numero 23, anche se avrebbero dovuto recarsi nella M, sedile 7 (ma la seconda metà dell'alfabeto non è che la rammentino così bene, ed allora...). Purtroppo, alcuni dei signori in questione ritengono indispensabile esternare i propri divertentissimi commenti per l'intera durata dello spettacolo. A noi è toccata la fortuna di sedere a distanza minima da un terzetto di siffatta natura. Alcune perle:
"hanno tutti la meningite" (in riferimento ai mostri del film, con apprezzabile colpo di fioretto sull'attualità)
"ragazzi, merda per merda per 3 e 14" (alla fine dell'intervallo, è ignoto cosa abbia scatenato la passione per la geometria dell'intellettuale in questione)
ma, soprattutto, un momento si eleva nella nostra memoria, stagliandosi sugli altri. Breve e doverosa introduzione: il protagonista (Robert Neville, appunto Will Smith) è dotato di famiglia (moglie e figlioletta) e cane. Inseparabile, l'animale da compagnia. A nome Samantha. Un po' oltre la metà del film, un altro personaggio, vedendo una foto della fanciulletta con in braccio il cane (versione cucciolo), si rivolge a Neville con "E' molto bella. Come si chiama?". A quel punto uno dei nostri amabili vicini ha commentato "Samantha". Per la prima, ed unica in 100 minuti di film, volta era, cioè, stato in grado di elaborare una freddura che, se non degna di Woody dei tempi d'oro, poteva suonare non disprezzabile. Dopo qualche secondo di silenzio imbarazzato, ha aggiunto "il nome del cane". Suscitando un modesto risolino di compassione nei suoi sodali. Sintetizzando: l'unica battuta degna della sua serata (e, avendo sentito le altre, supponiamo del semetre) ha dovuto sottotitolarla. Si dice che l'ispirazione attraversi l'universo sotto forma di minuscole particelle, che colpiscono sostanzialmente a caso, talvolta terminando la propria corsa nel posto più sbagliato. Quanto è vero.
La reprimenda di cui sopra serve ad illustrare un concetto: il cinema (l'arte) è meraviglioso.
Il cinema (il luogo) può essere meraviglioso. O, a momenti, decisamente sgradevole. Il ritorno del pubblico nelle sale non può che farci piacere, nella speranza (vana, lo sappiamo, ma se non fossimo idealisti non saremmo qui) che incentivi un innalzamento del livello delle produzioni. Solamente gradiremmo una selezione migliore. Ad esempio, quella effettuata dall'epidemia nel succitato I Am Legend. Riassumendo: la sopravvivenza dell'1% circa della popolazione.
O, se preferite un approccio buonista, che sopravvivano tutti e se ne vadano pure al cinema. Ma fate i trailer in modo onesto, e non ci mandate branchi di analfabeti in cerca di azione e sbudellamenti ed orrori assortiti a vedere un film tutto sommato riflessivo. Che poi lo splatter ci sta, sia chiaro. Ma vorremmo poter fruire dei film nel modo opportuno, e se poi scegliamo di indossare la canotta di ordinanza di Bruce Willis/John McClane o i guantacci alla Freddie Kruger o in qualsiasi altro modo sfogarci, lo faremo anche noi - auspicabilmente, con humor un minimo più ficcante.
Questo per iniziare l'anno con la dovuta dose di acrimonia, cari amici. Per proseguire, vi annunciamo che, oltre a segnalarvi (quando sia il caso) qualche film non sgradevole, apriremo anche un'altra nuova strada, di qui a poco. Ovvero inizieremo a recensire film "vecchi", non attualmente nelle sale. Ne conosciamo, va da sè, a centinaia che meritano il giusto sputtanamento. Ve ne presenteremo una selezione. Possiamo promettervi fin d'ora l'impegno, la dedizione, il livore che ci contraddistinguono quando siamo appena usciti dalla sala. E, salvo imprevisti, anche il titolo del primo protagonista di questa nuova rubrica: Apocalypto. Dio mio, che infamia.
A presto dunque, con un'ultima avvertenza: commentate, se e quando e su cosa gradite. Come anticipato, non ci faremo scrupoli ad essere ingiusti e dittatoriali e ad epurare tutto quel che non ci piaccia. Ma questo blog non vuole limitarsi a dar sfogo al nostro (pur eccelso) risentimento verso molto cinema d'oggi - vogliamo, speriamo di, condividere e stimolare discussioni, pareri, insulti da parte di chiunque, come noi, desideri partecipare alla missione. Buon cinema a tutti - se siete fortunati!